XCII
Mostra d'accorgersi del suo inganno e di manifestarlo.
Non più crespo oro, o d'ambra tersa e pura
Stimo le chiome che 'l mio laccio ordiro,
E nel volto e nel seno altro non miro
4Ch'ombra de la beltà che poco dura.
Fredda la fiamma è già, sua luce oscura,
Senza gratia de gli occhi il vago giro.
Deh, come i miei pensier tanto invaghiro,
8Lasso? E chi la ragione o sforza o fura?
Fero inganno d'Amor, l'inganno ornai,
Tessendo in rime sì leggiadri fregi
11A la crudel, ch'indi più bella aparve.
Ecco, i' rimovo le mentite larve:
Hor ne le proprie tue sembianze homai
14Ti veggia il mondo, e ti contempli e pregi.
- 1-2. «Non più crespo oro, o d'ambra tersa e pura | Stimo le chiome, che 'l mio laccio ordiro»: cioè non sono in guisa abbagliato da l'amore, ch'io m'inganni nel giudicio ch'io fo de la tua bellezza.
- 3a. «E nel volto, e nel seno»: «seno» per «petto», che sono due parti principalmente riguardate da gli amanti.
- 4. «Ch'ombra de la beltà che poco dura»: la beltà è raggio de la Divinità, come dicono i Platonici, imperochè la bellezza de gli animi traluce ne' corpi e ne gli occhi particolarmente. Ma il Poeta in questo luogo chiama la bellezza corporea «ombra» de la bellezza, la qual ombra dura per picciol tempo, havendo risguardo a quel luogo del PETRARCA: «Là dove i corpi fanno a l'alma velo».
- 5a. «Fredda la fiamma è già»: spento il desiderio.
- 5b-6. «sua luce oscura, | Senza gratia de gli occhi il vago giro»: estinguendosi l'amore, la Donna amata non par bella come pareva.
- 9. «Fero inganno d'Amor, l'inganno ornai»: parla il Poeta in questo terzetto d'un doppio inganno, l'un ricevuto da lui, l'altro da lui fatto. L'inganno ch'egli riceve fu quel d'Amore, del quale si legge: «O dolce inganno et amorosa frode, | Darmi un piacer, che pria pena m'apporte». Quel ch'egli fece è l'inganno de la Poesia, la qual dimostra, come parve a Gorgia, l'apparente del vero.
- 12. «Ecco, io' rimovo le mentite larve»: le delusioni d'amore e le fintioni poetiche.
- 13. «Hor ne le proprie tue sembianze»: cioè ti stimi il mondo, non per la fama o per l'opinione, ma per li proprij meriti.