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Attribuisce a la tiepidezza de l'amare l'imperfettione de la poesia, et assomiglia se medesimo a la cetra, et Amore al musico.

All'hor che ne' miei spirti intepidissi
Quel, ch'accendete voi soave foco,
Pigro divenni augel di valle e roco,
4E vile e grave a me medesmo io vissi.
Nulla poscia d'Amor cantai nè scrissi;
E s'alcun detto i' ne formai da gioco,
N'hebbi scorno tal volta, e basso e fioco
8Garrir, non chiaro e nobil carme udissi.
Come cetra son io discorde, o come
Lira, cui dotta mano o roza hor tocchi,
11E dia noia o diletto in vario suono.
E dolce il canto è sol nel vostro nome,
E poetando sol di sì begli occhi,
14Mi detta Amor quanto io di lui ragiono.

  • 1. «All'hor, che ne' miei spirti intepidissi»: gli spirti, perchè sono sottilissima parte del sangue e quasi vapori, come dicono i medici, facilmente s'accendono.
  • 3. «Pigro divenni augel di valle e roco»: racconta gli effetti della tepidezza.
  • 5. «Nulla poscia d'Amor»: cessando l'amore, mancò l'amorosa poesia, come al cessar de le cagioni, sogliono cessar gli effetti.
  • 9. «Come cetra son io»: assomiglia Amore al musico e se medesimo alla cetra, dimostrando che 'l suono era più o men dolce, secondo la diversità de gli affetti. La similitudine fu prima usata da ASCLEPIO, discepolo di Mercurio Trimegisto, ch'assomiglia Iddio al musico e noi huomini agli istrumenti rochi.