XXV

Si lamenta con Amore che la sua Donna habbia preso marito e la prega che non si sdegni d'esser amata e celebrata.

Amor, tu vedi, e non hai duolo o sdegno,
Ch'al giogo altrui Madonna il collo inchina,
Anzi ogni tua ragion da te si cede.
Altri ha pur fatto, oimé quasi rapina
5Del mio dolce tesoro; hor qual può degno
Premio agguagliar la mia costante fede?
Qual più sperar ne lice ampia mercede
Da la tua ingiusta man, s'in un sol punto
Hai le ricchezze tue diffuse e sparte?
10Anzi, pur chiuse in parte,
Ove un sol gode ogni tuo ben congiunto.
Bel folle è chi non parte
Homai lunge da te, che tu non puoi
Pascer, se non di furto, i servi tuoi.
15Ecco già dal tuo regno il piè rivolgo,
Regno crudo e 'nfelice; ecco io già lasso
Qui le ceneri sparte, e 'l foco spento.
Ma tu mi segui, e mi raggiungi, ahi lasso,
Mentre dal mal sofferto in van mi dolgo,
20Ch'ogni corso al tuo volo è pigro e lento.
Già via più calde in sen le fiamme i' sento,
E via più gravi al piè lacci e ritegni;
E come a servo fuggitivo e 'ngrato,
Qui, sotto al manco lato,
25D'ardenti note il cor m'imprimi e 'l segni
Del nome a forza amato;
E perch'arroge al duol ch'è in me sì forte,
Formi al pensier ciò che più noia apporte.
Ch'io scorgo in riva al Po Letitia e Pace
30Scherzar con Himeneo, che 'n dolce suono
Chiama la turba a' suoi diletti intesa.
Liete danze veggio io, che per sono
Funebri pompe, et una istessa face
Ne l'altrui nozze e nel mio rogo accesa.
35E come Aurora in oriente ascesa,
Donna apparir, che vergognosa in atto
I rai de' suoi begli occhi a sé raccoglia,
E ch'altri un bacio toglia,
Pegno gentil del suo bel viso intatto;
40E i primi fior ne coglia,
Que', che già cinti d'amorose spine,
Crebber vermigli infra le molli brine.
Tu, ch'a que' fiori, Amor, d'intorno voli
Qual ape industre, e 'n lor ti pasci e cibi,
45E ne sei così vago e così parco,
Deh come puoi soffrir ch'altri delibi
Humor sì dolce e 'l caro mel t'involi?
Non hai tu da ferir saette ed arco?
Ben fosti pronto in saettarmi al varco
50All'hor che per vaghezza incauto venni
La' ve spirar tra le purpuree rose
Senij l'aure amorose;
E ben piaghe da te gravi io sostenni,
Ch'aperte e sanguinose
55Ancor dimostro a chi le stagni e chiuda,
Ma trovo chi l'inaspra ogn'hor piùanalo cruda.
Lasso, il pensier, ciò che dispiace e duole,
A l'alma inferma hor di ritrar fa prova,
E più s'interna in tante acerbe pene.
60Ecco la bella Donna, in cui sol trova
Sostegno il core, hor come vite suole
Che per se stessa caggia, altrui s'attiene.
Quale hedera negletta hor la mia spene
Giacer vedrassi, s'egli pur non lice
65Che s'appoggi a coler ch'un tronco abbraccia.
Ma tu ne le cui braccia
Cresce vite sì bella, arbor felice,
Poggia pur, nè ti spiaccia
Ch'augel canoro intorno a' vostri rami
70L'ombra sol goda, e più non speri o brami.
Nè la mia Donna, perchè scaldi il petto
Di novo amore, il nodo antico spezzi,
chè di vedermi al cor, già non l'increbbe;
Od essa, che l'avinse, essa lo spezzi,
75Però che homai disciorlo, in guisa è stretto,
Nè la man stessa, che l'ordio potrebbe.
E se pur, come volse, occulto crebbe
Il suo bel nome entro i miei versi accolto,
Quasi in fertil terreno arbor gentile.
80Hor seguirò mio stile,
Se non disdegna esser cantato e colto
Da la mia penna humile.
E d'Apollo ogni dono in me fia sparso
S'Amor de le sue gratie a me fu scarso.
85Canzon, sì l'alma è ne' tormenti avezza
Che, se ciò si concede, ella confida
Paga restar ne le miserie estreme.
Ma se di questa speme
Avien che 'l debil filo alcun recida,
90Deh, tronchi un colpo insieme,
Ch'io bramo e 'l chiedo, al viver mio lo stame
E l'amoroso mio duro legame.

  • 3. «Anzi ogni tua ragion da te si cede»: le ragioni d'Amore sono le sue leggi. Fra le quali è principalissima: «Amore a nullo amato amar perdona».
  • 5°. «Del mio dolce tesoro»: de la sua Donna. Così il PETRARCA: «Morte m'ha tolto il mio dolce tesoro».
  • 14. «Pascer, se non di furto, i servi tuoi»: chiama «furti» gli amorosi piaceri de gli amanti, havendo riguardo a quel detto di CATULLO: «Furtivos hominum vident Amores».
  • 23. «E com' a servo fuggitivo ingrato»: imita ANACREONTE, il qual disse: «Εν ἰχίοις μὲν ἴπποι | πυρὸς χαραγμ᾿ ἓχοισι | καὶ παρθίοις τις ἄνδρας | Εγνώρισεν τιάραις | ἐγὼ δε τοις ἐρῶντας | Ιδὼν επισαμ᾿ αθύς | Εχoισι γαρ τι λεπτὸν | φυχῇς ἔσω χάραγμα».
  • 30. «Scherzar con Himeneo»: Himeneo è Iddio de le nozze, figliuolo d'Urania, habitator di Parnaso, così chiamato da' Greci come Talassio da' Latini.
  • 33b. «et una istessa face»: perchè Himeneo si dipinge con la face.
  • 40. «E i primi fior ne coglia»: chiama «fiori» de l'Amore i baci, a differenza de frutti.
  • 44a. «Qual ape industre»: assomiglia Amore a l'ape, come prima havevan fatto i poeti greci.
  • 51-52. «Là've spirar tra le purpuree rose | Sentij l'aure amorose»: per «rose» intende le labra; per «aure amorose» le parole.
  • 61b-62. «hor come vite suole | Che per se stessa caggia, altrui s'attiene»: paragona la sua Donna a la vite, come fece CATULLO: «Ut vidua in nudo vitis, quae nascitur arvo, numquam se extollit, etc.».
  • 77-78a. «E se pur, come volse, occulto crebbe | Il suo bel nome»: imita HORATIO: «Crescit occulto Velut arbora evo | Fama Marcelli».