CXXXVII

Sono assomigliate le sue speranze a gli alberi che si piantano il primo di maggio.

Quest'arbor ch'è traslato al novo maggio,
Lasciando i larghi campi e l'alte rive,
Frondeggia a voi su l'alba; e pur non vive,
4Ma consola il morir co 'l vostro raggio.
In me troncaste, e con più grave oltraggio,
Voi le speranze, e son di vita hor prive,
E non spiegano i rami a l'aure estive,
8Nè ponno verdeggiar qual pino o faggio.
Nè basta il vento lor de' miei sospiri,
Nè del mio pianto l'amorosa pioggia,
11Ne 'l vostro sol, perchè risplenda e giri.
Nè cresceranno in disusata foggia
Tra quel lume sereno e i miei desiri,
14Se ramo in lauro non s'inesta e poggia.

  • 1. «Quest'alber ch'è traslato al novo maggio»: l'albero troncato e trapiantato il primo di maggio, com'è usanza comune di tutta Italia, non ricevendo più nutrimento da la terra, si può dire che sia privo de l'anima vegetativa il cui officio è di nutrire, e per conseguente ch'egli sia morto, nondimeno conserva per molti giorni le foglie verdi. Ma le speranze sono, com'egli dice, [5] «troncante» con maggiore ingiuria, perchè non ritengono più il verde, havendo risguardo a quel verso di DANTE: «Mentre che la speranza ha fior del verde». Quasi voglia dire le mie speranze, per la mutatione de l'amore, non solamente sono collocate in altra parte, ma sono in tutto morte.
  • 9a. «Nè basta il vento»: vaghissimamente, con la similitudine de gli alberi, descrive la sua disperatione.
  • 12. «Nè cresceranno in disusata foggia»: aggiunge la conditione per la quale possono ancora haver vita et accrescimento, e questo è l'amor de la sua Donna, significato per l'inesto. Perchè si come ne l'inesto l'una piante vive ne l'altra e produce i frutti, così ne l'amore l'uno amante è solito al vivere ne l'altro.
  • 14. «Se ramo in lauro non s'inesta e poggia»: «poggiar» propriamente è salire il poggio, ma per metafora si piglia per ogni sorte di salita o di inalzarsi o di volare, come prese il PETRARCA dicendo «E fu l'ucel che più per l'aria poggia».