XI
In questo dialogo fra il Poeta e l'Amore, si dimostra come ne gli occhi de la sua Donna sia il premio de la sua servitù.
- Dov'è del mio servaggio il premio, Amore? -
- In que' begli occhi al fin dolce tremanti. -
- E chi v'inalza il paventoso core? -
- Io; ma con l'ali de' pensier costanti-
- E s'ei l'infiamma in quel sereno ardore? -
- Il tempran lagrimette e dolci pianti. -
- Ahi, vola et arde, e di suo stato è incerto. -
- Soffra, che nel soffrir è degno merto. -
- 1. «Dove è del mio servaggio il premio, Amore»: «servaggio», parola antica leggiadramente ritrovata da Monsignor DE LA CASA: «Doglia morte, e servaggio, assai m'è caro | Da sì begli occhi, e pretioso dono».
- 2. «In que' begli occhi al fin dolce tremanti»: così disse il PETRARCA: «... Alfin dolci tremanti | Ultima spene de' cortesi amanti». Egual cortesia è de l'uno e de l'altro amante, e de l'uno e de l'altro poeta: perchè il primo ripone ne gli occhi l'ultima speranza, il secondo l'ultimo premio.
- 4. «Io; ma con l'ali de' pensier costanti»: dà «l'ali» al pensiero, come diede il PETRARCA prima di lui: «Volo con l'ale de' pensieri al cielo». Chiama «costanti» i pensieri che si prepongono sempre in un obietto medesimo; ma se il pensiero è costante conviene ancora che sia costante l'obietto. E non potendo essere che una costanza ne le cose terrene e mortali, è necessario che l'obietto sia immortale; ma i pensieri de le cose humane e caduche, sono simili a le saette che non sono drizzate a segno stabile, ma a caso.
- 5. «E s'ei l'infiamma in quel sereno ardore»: ne le cose naturali lo spaventa l'essempio de la farfalla, e ne le favole quel d'Icaro.
- 7. «Ahi, vola et arde, e di suo stato è incerto»: mostra quanto gli amanti siano temerari e quanto lusinghevole et insieme crudele la passione amorosa.