LXIII
Spera il Poeta ch'essendo la crudeltà de la sua Donna superata da la bellezza, possa al fine esser vinta da la pietà.
O più crudel d'ogn'altra, e pur men cruda
A gli occhi miei, che bella e men guerrera
Fostù, quanto sei bella, acerba e fera
4Perchè questi occhi lagrimando i' chiuda.
Ma quando io veggio la man bianca ignuda
E la sembianza humilemente altera,
Dico a l'anima vaga: - Ardisci, e spera,
8Ch'esser non può, ch'ogni mio prego escluda.
Però, se crudeltà cotanto perde
Da la bellezza in lei, sarà pur anco
11Vinta da la pietà, che v'è nascosa. -
Così l'amor, pensando, in me rinverde,
Hor satio no, ma d'aspettar già stanco
14C'homai vi faccia la beltà pietosa.
- 1a. «O più crudel»: era la sua Donna crudele e bella, ma più bella che crudele, laonde la crudeltà non poteva ucciderlo, perchè la bellezza il teneva in vita, ma in vita penosa e piena d'affanno. Desidera dunque che la crudeltà sia eguale a la bellezza, acciochè possa più agevolmente dargli la morte.
- 5a. «Ma quando io veggio»: da la bellezza dimostratagli e da l'humiltà che temperava l'alterezza, prende qualche speranza.
- 9a. «Però se crudeltà»: prende la cagione perch'egli speri, fondata sovra la natura, perchè le belle sogliono essere pietose.