LXXVI
Segue le medesime descrittioni.
Sceglieva il Mar perle, rubini ed oro,
Che quasi care spoglie e ricche prede
Di tante sue vittorie ancor possiede,
4E del suo proprio e suo maggior tesoro,
Per donarlo a costei, che Giove in toro
Cangiar farebbe, e per baciarle il piede.
E mentre bagna più l'arena, o cede,
8Parea dir mormorando, in suon canoro:
-O Ninfa, o Dea, non de l'oscuro fondo
Uscita, ma dal ciel, che mia fortuna
11Placida rendi all'hor che tutta imbruna,
Te seguo in vece di mia vaga Luna:
Deh, non fuggir se pur m'avanzo e inondo,
14Chè lascio i doni, e torno al mio profondo.
- 1. «Sceglieva il Mar, perle, rubini ed oro»: «doni del mare» gli chiama, havendo riguardo a quelli ch'egli produce.
- 2b. «prede»: per rispetto de' naufragij ne' quali molte ricchezze son sommerse.
- 5a. «Per donarlo a costei»: l'assomiglia ad Europa, la qual si diportava sopra il lito del mare con le compagne, quando da Giove trasformato in toro, fu portata in Candia per l'alto mare.
- 9a. «O Ninfa, o Dea»: introduce il mare a parlar meravigliosamente, come inamorato de la sua Donna, dicendo che seguita i suoi movimenti in vece di quelli de la luna, la quale è creduta cagione del flusso e del riflusso, e si ritira per non darle occasione di sdegno, lasciando sul lido quei doni ch'egli haveva portati.