LXXVIII
Dice che la pietà la quale egli vede ne gli occhi de la sua Donna non è vera pietà, ma crudeltà che prende quella sembianza per ingannarlo.
M'apre tal'hor Madonna il suo celeste
Riso fra perle e bei rubini ardenti,
E l'orecchie inchinando a' miei lamenti,
4Di vago affetto il ciglio adorna e veste.
Ma non avien però ch'in lei si deste
Alcun breve dolor de' miei tormenti;
Anzi la cetra, e i miei non rozi accenti,
8E me disprezza e le mie voglie honeste.
Nè pietà vera ne' begli occhi accoglie,
Ma crudeltà ch'in tal sembianza hor mostri
11Perchè l'alma ingannata arda e consumi.
Specchi del cor fallaci, infidi lumi,
Ben conosciamo in voi gli inganni vostri:
14Ma che pro, se schifargli Amor ci toglie?
- 1. «M'apre talhor Madonna il suo celeste»: si dice «aprir il riso» perchè ridendo s'apre la bocca. Pone adunque l'effetto per la cagione.
- 3. «E l'orecchie inchinando a' miei lamenti»: ad imitatione del PETRARCA. Et altrove: «Al mio pregio t'inchina».
- 4a. «Di vago affetto»: cioè d'amore e di pietà.
- 4b. «il ciglio adorna»: la parte in vece del tutto, come fece il PETRARCA in quell'altro luogo: «E di doppia pietate ornata il ciglio».
- 5. «Ma non avien però ch'in lei si deste»: cioè si dimostra pietosa ne gli occhi e ne l'aspetto, ma non è veramente pietosa nel cuore, imperochè la pietà non è altro che dolore del male altrui.
- 7a. «Anzi mia cetra»: dimostra il disprezzo de la poesia e de l'amore insieme.
- 9a. «Nè pietà vera»: non è vera pietà, ma crudeltà, quella con la quale allettandomi nel suo amore, cerca d'ingannarmi.
- 12. «Specchi del cor fallaci, invidi lumi»: imitatione del contrario di quel luogo: «Fia specchio de l'alma, occhi lucenti», e convenevolmente chiama gli occhi specchi, imperochè possono ricevere le spetie o la forma, che vogliam dirla, de le cose sensibili, immaterialmente e non altrimenti che facciano gli specchi. Ma son detti «specchi» del cuore perchè rappresentano gli affetti del cuore, veri o falsi.
- 14. «Ma che pro, se schivargli Amor ci toglie»: cioè qual utilità o giovamento è di conoscere il male non potendo schifarlo. Così il PETRARCA: «Che prò se con quegli occhi ella ne face».