CXXXIII
Dice che per troppo rimirar la bellezza de la sua Donna diventa cieco.
Donna gentil, mentr'io vi miro e canto,
Mi passa un dolce ardore
Di vena in vena, e mi distrugge il core.
E lodando il bel viso, e 'l vago petto,
5E le due nere ciglia,
Dico: - Deh qual diletto
E qual dolcezza è questa, e maraviglia? -
Al fin pieno di gioia e di stupore
Non so s'io veggia, o pur s'io prenda errore.
10Lasso, io m'abbaglio, e si conforta alcuno
Ne' begli occhi soavi,
Tra 'l color bianco e 'l bruno,
Sì come vuol, chi tien del cor le chiavi.
E dimostrando a me luce maggiore,
15Per veder troppo, mi fa cieco Amore.
- 2-3a. «Mi passa un dolce ardore, | Di vena in vena»: Didone appresso VERGILIO nutrisce la ferita ne le vene, il Poeta sente il fuoco.
- 6. «Dico: Deh qual diletto»: la maraviglia è de le cose piacevoli, perch'è de le cose nuove.
- 8. «Alfine»: nasce la maraviglia da l'incertitudine, perchè si maraviglia colui che non intende la cagione. Ma il saper non è altro che il conoscer le cose per le sue cagioni.
- 10. «Lasso, io m'abbaglio»: gli occhi fanno diversi effetti, secondo la varia disposition di chi risguarda.