CLXVIII
Accenna la cagione per la quale egli lontano da la sua Donna non sol conserva, ma accresce l'amore.
Amai vicino, hor ardo, e le faville
Porto nel seno, onde s'infiamma il foco;
E non l'estingueria tempo nè loco,
4Bench'io cercassi mille parti e mille.
Chè nel vago pensier, luci tranquille,
Più l'accendete, e voi di ciò cal poco;
E le mie piaghe ancor prendete a gioco
8Con quella bianca man, che sola aprille.
Nè lontananza oblio m'induce al core,
Ne i più colti paesi, o più selvaggi,
11Ma tenace memoria e fero ardore.
Perchè v'adombro in lauri, in mirti e 'n faggi:
L'altre bellezze, ove m'insidia Amore,
14Sono imagini vostre, e vostri raggi.
- 1-2a. «Amai vicino, hor ardo, e le faville | Porto nel seno»: cioè i semi de l'amore, o per così dire, il fomite de la concupiscenza.
- 5. «Chè nel vago pensier, luci tranquille»: la cagione di conservar e d'accrescer il desiderio è il pensiero col quale se l'imagina piacevole: là dove con gli occhi del corpo soleva già vederla turbata.
- 9a. «Nè lontananza»: non è dunque sempre la lontananza certo rimedio a l'amorosa infermità. Ma solo quando l'amante non si dà in preda a l'imaginatione.
- 12a. «Perchè v'adombro»: ad imitatione del PETRARCA «...e quanto in più selvaggio | Loco m'affido, e 'n più remota parte; | Tanto più bella il mio pensier l'adombra».
- 14. «Sono imagini vostre, o' vostri raggi»: imita quegli altri «Ma l'imagini sue son si cosparte | [...] | Ch'io trovo simile indi accesa luce».