XC
Assomiglia la conditione de la sua Donna a quella di colui ch'arse il tempio di Diana Efesia.
Costei, ch'asconde un cor superbo et empio
Sotto cortese angelica figura,
M'arde di foco ingiusto, e si procura
4Fama da' miei lamenti e dal mio scempio.
E prender vuol da quella mano essempio
Che troppo iniqua osò, troppo secura,
Per farsi illustre in ogni età futura,
8Struggere antico e glorioso tempio.
Ma non fia ver che ne' sospiri ardenti
Suoni il suo nome, e rimarrà sepolta
11Del suo error la memoria, e del suo strale.
Chè gloria ella n'havrà, s'i miei tormenti
Faranno historia, e fia vendetta eguale
14Lasciarla in un silentio eterno avolta.
- 1-2. «Costei, ch'asconde un cor superbo et empio | Sotto cortese angelica figura»: biasima la crudeltà de la sua Donna, tenuta ascosa sotto piacevolezza de' sembianti. Et in ciò si dimostra simile al PETRARCA, il qual dopo l'infinite laudi date a Madonna Laura, fu trasportato da sdegno, o da disperatione, a scriver que versi: «Aspro core, e selvaggio, e cruda voglia | In dolce humile, angelica figura».
- 3a. «M'arde di foco ingiusto»: m'accende d'amor non conveniente. Et chiama «ingiusto» il foco perch'egli pativa iniquamente per amore.
- 3b-4. «e si procura | Fama da' miei lamenti, e dal mio scempio»: incolpa l'ambitione contraria a quella: «E piacemi il bel nome, se 'l vero odo, | Che lunge e presso co 'l tuo dir m'acquisti».
- 5. «E prender vuol da quella mano essempio»: da colui che per soverchio desiderio di fama arse il tempio di Diana Efesia, celebratissimo oltre tutti gli altri, et, come si crede, edificato da l'Amazzoni all'hora ch'occuparono l'Asia. La comparatione è bella e simile a l'impresa che ne portò il Signor Luigi Gonzaga, nominato Rodomonte, co 'l motto «Utraque clarescere fama».
- 9a. «Ma non fia ver»: minaccia il Poeta vendetta conforme a quella che fu data a colui per comune consentimento di tutta la Grecia: cioè che 'l suo nome sarà occulto, e la sua fama non passerà a' posteri.