XXIV
Ne l'istesso soggetto.
Onde, per consolarne i miei dolori,
Vieni, o sogno pietoso, al mio lamento,
Tal ch'al tuo dolce inganno homai consento,
4Cinto di vaghe imagini ed errori?
Le care gemme, e i pretiosi odori
Dove furasti, e i raggi e l'aure e 'l vento,
Per farmi nel languire almeno contento
8Pur come un de le Gratie, o de gli Amori?
Forse involasti al ciel tua luce, e 'l sole
Teco m'apparve? E dal fiorito grembo
11Parte sentia spirar gigli e viole;
E sentia quasi fiamma ch'al ciel vole,
La bella mano, e quasi fresco nembo
14Sospiri, e soavissime parole.
- 1-2a. «Onde, per consolarne i miei dolori, | Vieni, o sogno pietoso»: destosi il TASSO, parla co 'l sogno che l'ha consolato. Onde ciò è da la porta di corno, da la quale vengono i sogni veri, o da quella d'avorio, da cui si partono i falsi, come si legge in HOMERO et in VERGILIO, che nel sesto de l'Eneide volle imitarlo: «Sunt gemine somni portae quarum altera fertur | Cornea, qua veris facilis datur exitas umbris: | Atera candenti perfecto miter elephanto. | Sed falsa ad Caelum mittunt insomnia manes».
- 3. «Tal ch'al tuo dolce inganno homai consento»: mostra che sia uscito da la porta d'avolio, il quale è più denso del corno, laonde non è così trasparente, cioè da l'inganno de la sua Donna, la qual celava la verità sotto le sue parole, in guisa che non traspareva. Et ciò è più conveniente, perchè la porta d'avolio significa la bocca, sì come dice SERVIO, e quella di corno gli occhi. Imperochè non le cose vedute, ma l'udite e le promesse erano state cagione di questo sogno ingannevole.
- 5-6a. «Le care gemme e i pretiosi odori | Dove furasti»: detto con molta vaghezza.
- 7. «Per farmi nel languire almen contento»: ad imitatione del PETRARCA «Beato in sogno, e di languir contento», il quale in questa guisa burlò ARISTOTELE, che nel primo de la Filosofia de' costumi disse che gli infelici da felici non erano differenti, ne la metà de la vita, la quale è quella che si dorme, o più tosto si rise de la sua vera infelicità, la quale non havea altra consolatione, che quella de l'imaginata felicità. Forse il sogno è questa vita presente, in cui non è vera felicità, nè vera contentezza.