CXVII

Invita in questa artificiosa corona de' Madriali tutte le Ninfe a cononar la sua Donna.

Vaghe Ninfe del Po, Ninfe sorelle,
E voi de' boschi, e voi d'onda marina,
E voi de' fonti e de l'alpestri cime,
Tessiam hor care ghirlandette e belle
5A questa giovinetta peregrina,
Voi di fronde e di fiori, et io di rime.
E mentre io sua beltà lodo et honoro,
Cingete a Laura voi le treccie d'oro.
Cingete a Laura voi le treccie d'oro,
10De l'arboscello, onde s'ha preso il nome.
O pur de' fiori, a' quali il pregio ha tolto,
E le vermiglie rose, e 'l verde alloro
Le faccian ombra a l'odorate chiome,
Et a le rose del fiorito volto.
15E de l'auro e del lauro e de' be' fiori
Sparga l'aura ne l'aria i dolci odori.
Sparga l'aura ne l'aria i dolci odori,
Mentr'io spargo nel cielo i dolci accenti,
E gli porti ove Laura udir gli suole,
20E dove Mincio versa i freschi humori
Portino ancora i più cortesi venti
Il chiaro suon de l'alte mie parole,
Dove cantaro già, quand'ella nacque,
I bianchi cigni in fresche lucid'acque.
25I bianchi cigni in fresche lucid'acque
Morendo, fanno men soave canto
Di quel ch'udì quando costei nascea.
E 'l bel terren, dov'ella in cuna giacque,
Tutto vestissi di fiorito manto,
30E di cristallo il fiume allhor parea,
E pretiose gemme i duri sassi
Sotto gli ancor tremanti e dubbi passi.
Sotto gli ancor tremanti e dubbi passi,
Nascer facea la bella fanciulletta
35Di mille vari fior lieta famiglia.
E se premeva un cespo, o i membri lassi
Posava in grembo de la molle herbetta,
Era a vederla nova meraviglia.
Qual fosse poi, tu dillo o fiume vago,
40Tu dillo altrui, famoso e chiaro lago.
Tu dillo altrui, famoso e chiaro lago,
Come dapoi crescendo il biondo crine
Laura in te si specchiasse, e gli occhi e 'l viso,
E come nel mirar la cara imago
45E le bellezze sue quasi divine
Rassomigliasse il giovine Narciso.
Ditelo augelli, e voi da le bianche ali,
Voi che le sete sol nel canto eguali.
Voi che le sete sol nel canto eguali,
50Già tacevate, o cigni, in verdi sponde
Cantando Laura di dolcezza piena.
Et eran tante le sue voci e tali,
Che parean mormorando dir quell'onde:
- È per fermo costei nova Sirena. -
55Oltre i candidi cigni, onde beate,
Son più belle Sirene in voi già nate.
Son più belle Sirene in voi già nate
Acque e rive felici, ove securo
Il buon Titiro già pascea la greggia.
60Nè per dolce armonia così lodate
O Amarilli o Galatea già furo,
Com'è costei, che quel cantar pareggia,
Di cui tra i boschi, e 'n picciola capanna,
Indegno è 'l suon de l'incerata canna.
65Indegno è 'l suon de l'incerata canna,
D'accordarsi al bel canto, e se l'udiro
Il rozo armento e i semplici bifolci,
Per maraviglia ciò, che l'alme affanna
Obliar questi, e quello ogni desiro
70De l'herbe verdi, o pur de l'acque dolci;
E di seguir il natural costume
Quasi scordossi per vaghezza il fiume.
Quasi scordossi per vaghezza il fiume
Di rendere al gran Po l'usato homaggio,
75Da cui tenuta in sì gran pregio è Laura,
Ch'altra Ninfa agguagliarle ei non presume.
Se l'ode sotto un lauro o sotto un faggio
Con dolcissimi accenti addolcir l'aura,
O se guidar le vede i cari balli
80Sovra i candidi fiori, e sovra i gialli.
Sovra i candidi fiori, e sovra i gialli
Suole spesso ballar Laura gentile,
Con leggiadri sembianti al dolce suono.
Degna, a cui bianche perle e bei coralli
85Del nostro mare e del novello aprile
Le sia portato il primo, e 'l più bel dono,
Degna, a cui ne' vicini alteri monti
Apra l'antica Madre i novi fonti.
Apra l'antica Madre i novi fonti
90Al bel viso di Laura, et a lei mande
Verdi fronde la selva in queste piagge.
E 'nghirlandate homai le belle fronti,
Portin le Ninfe homai varie ghirlande,
E l'humide, e l'alpestri, e le selvagge.
95E voi siate le prime, e le più snelle,
Vaghe Ninfe del Po, Ninfe sorelle.

  • 1. «Vaghe Ninfe del Po, Ninfe sorelle»: «Ninfe» dette furono da gli Antichi, quasi Linfe, ch'è nome de l'acque, ma il nome si stende ancora a l'altre.
  • 2a. «E voi de' boschi»: pur chiamate Driade et Amadriade, che nascevano e morivano insieme con gli alberi.
  • 2b. «e voi d'onda marina»: che sono comprese sotto questo nome universale.
  • 3. «E voi de' fonti e de l'alpestri cime»: Naiade son propriamente quelle de fonti, Oreadi quelle de' monti, come dice SERVIO appresso VERGILIO nell'ultima Egloga. Ma sotto il nome di Ninfe s'intendono ancora le Muse, come afferma il medesimo autore nel medesimo luogo. Ma il Poeta per aventura dee intendere le fanciulle ch'abitavano in que' paesi appresso al fiume et vicino al mare e vicine a le montagne et a le fontane.
  • 4. «Tessiam hor care ghirlandette e belle»: le ghirlande e le corone sono prese per la celebratione non solo da' greci poeti, ma da nostri.
  • 9a. «Cingete a Laura»: due corone attribuisce a la sua Laura, una di lauro, o per la conformità del nome o per la virtù de la poesia, l'altra di fiori, havendo forse risguardo a' conviti ne quali i convitati si coronavano di fiori.
  • 15a-16. «E de l'auro e del lauro […] | Sparga l'aura ne l'aria» figura detta da' Latini allitteratione, che si fa con la mutatione d'alcuna lettera.
  • 17a. «Sparga l'aura»: è detto con affetto d'huom che desideri.
  • 18. «Mentr'io spargo nel cielo i dolci accenti»: gli sparge forse ne l'aria perchè la loda in vano, ad imitatione di que' versi di VIRGILIO: «Atque, ibi haec incondita solus | Montibus et sylvis studio iactabat inani».
  • 19. «E gli porti ove Laura udir gli suole»: ch'i venti portino le parole, fu parimenti pensier di VERGILIO in quel verso: «Vos etiam divum partem referatis ad aures».
  • 25a. «I bianchi cigni», è proprio de' cigni cantare soavissimamente avanti la morte, come si legge nel Fedone, non per alcun dolore, ma perchè essendo sacrati a Febo, partecipano de la divinatione e de la virtù del presagio. Laonde si rallegrano, sapendo prima i beni de l'altra vita. Ma il Poeta attribuisce questo presagio a' cigni per la felicità che si aspettava del nascimento di Laura, et pare imitatione di quell'epigramma greco fatto nel nascimento di Vergilio e trasportato in questa lingua dal sig[nor] Angelo COSTANZO. E basta per intendimento quel verso: «Essendo nato tra 'l soave canto | De' bianchi Cigni».
  • 33. «Sotto gli ancor tremanti e dubbi passi»: imita il PETRARCA ne la fanciullezza di Laura da lui descritta: «Et hor carpone, hor con tremante passo | Legno, acqua, terra o sasso | Verde facea, chiara, soave, e l'herba | Con le piante e co' piè fresca e superba».
  • 35. «Di mille vari fior lieta famiglia»: «E i fiori e l'herbe, sua dolce famiglia» disse parimente il PETRARCA ragionando de la primavera.
  • 39a. «Qual fosse»: invita poeticamente il fiume e 'l lago a celebrare il nascimento de la sua Donna, in quel modo che VIRGILIO haveva fatta pianger la morte di Gallo da gli alberi e da' mirti, in que' versi: «Illum etiam lauri, illum flevere Mirycae | Pinifer illum etiam sola sub rupe iacentem | Menalus, et gelidi fleverunt saxa Lycei». L'imitatione è dal luogo del continuo, o de gli opposti, perchè se le cose inanimate maravigliosamente s'introducono a pianger la morte, con l'istesso artificio si possono introdurre a cantare il nascimento.
  • 41a. «Tu dillo altrui»: ha descritte le maraviglie del nascimento e de l'infantia, hor descrive le bellezze de la gioventù.
  • 43a. «Laura in te si specchiasse»: molto più commodamente si può specchiare nel lago che nel mare, nel quale si specchia il Coridone di VERGILIO: «Nec sum adeo informis: nuper me in littore vidi, | Dum ventis immotum staret mare».
  • 46. «Rassomigliasse il giovane Narciso»: descrive il compiacimento di se stessa. Ultimamente converte il parlare a' cigni a' quali la paragona nel canto, e tocca per aventura una opinione di PORFIRIO nel libro de l'astinenza de gl'animali, cioè che tutti gli animali irragionevoli habbiano qualche parte di ragione, e tutti parlino, ma noi non intendiamo le parole. Ma fra gli Antichi, Melampo e Tiresia furon creduti ch'intendessero il parlar de' bruti, et molto da poi APOLLONIO TIANEO disse in una compagnia havere inteso il parlar de la rondine, la quale annuntiava a l'altre ch'era cascato un asino pieno di frumento. Ma la falsa opinione è più espressamente accennata ne l'Aminta, favola pastorale del Poeta: falsa la dico, perchè gli huomini solamento hanno congiunte queste due cose, cioè la ragione e il parlare, le quali furono da' Greci chiamate con un nome solamente il quale è Logos. Ma i poeti con queste cose impossibili cercano molte fiate di muover gli uditori a maraviglia.
  • 49a. «Voi che le sete sol»: tacevano i cigni nel cantare di Laura per maraviglia e per honore. E forse per li cigni intende allegoricamente i poeti mantovani.
  • 52-53. «Et eran tutte le sue voci e tali, | Che parean mormorando dir quell'onde»: accenna una opinione d'antichi filosofi, che la natura parli con la voce di tutte le cose.
  • 55a. «Oltre i candidi cigni» l'ha paragonata co' cigni e la paragona con le Sirene e la chiama la più bella de le Sirene, havendo risguardo non solo a la bellezza del corpo humano, ma de l'animo.
  • 58a. «Acque, e rive felici»: intende quelle di Mantova, dove il buon VERGILIO, inteso sotto il nome di Titiro, cantò d'Amarilli e di Galatea, Ninfe ch'allegoricamente sono prese per Roma e per Mantova, come dicono gli espositori de la prima Egloga.
  • 62a. «Come è costei»: assomiglia il canto di Laura a quel di VERGILIO.
  • 65a. «Indegno è 'l suon»: mostra che la siringa, instrumento pastorale, sia indegno de la S[ua] D[onna], la qual merita d'esser celebrata da più degno canto.
  • 69b-70. «e quelli ogni desiro | De l'herbe verdi, o pur de l'acque dolci»: imita quel luogo: «Immemor herbarum quos est nitatur iuvenca».
  • 71. «E di seguir il natural costume»: accresce la maraviglia simile a quella: «E sai come al suo canto | Correano in verso al fonte | l'acque nel fiume» perch'è simil maraviglia che l'acque si fermi e che vada per contrario corso al naturale. VERGILIO disse similmente: «Et mutata suos requierunt flumina cursus».
  • 73a. «Quasi scordossi»: descrive la bellezza di Laura ne la dolcezza del canto e ne la leggiadria usata nel ballare.
  • 77a. «Se l'ode sotto un lauro»: o pone questi due per ogni arbore, o pur imita il PETRARCA, il qual disse: «E seder femmi in una fresca riva, | La qual ombrava un bel Lauro, et un Faggio», che significano, come pare a GIULIO CAMILLO, l'eloquenza e la sapienza. E disse «faggio» nel numero del maschio, ma in quello de la femina il BEMBO: «Faggio del mio piacer compagna eterna», ad imitatione de' Latini.
  • [81-88] . Mostra la nobiltà di Laura, la qual dee esser honorata co' doni de la terra e del mare, e fra' doni del mare scieglie cose vaghissime e conformi a la sua bellezza, come son perle e corali, e fra quelli de la terra similmente.
  • 89a. «Apra l'antica Madre»: cioè la terra, così chiamata da tutti, perch'il nostro principio e da terra.
  • 89b. «i novi fonti»: fa quella figura che si dice contraposto, e particolarmente ha risguardo a' novi fonti che si facevano su 'l modenese: ripiglia il parlar de le Ninfe, come haveva fatto nel primo madriale, e finisce la corona.