LXII
Ne la disperatione de la gratia de la sua Donna, chiama la morte.
Vissi. E la prima etate Amore e speme
Mi facean via più bella, e più fiorita;
Hor la speranza manca, anzi la vita,
4Che di lei si nudria, s'estingue insieme.
Nè quel desio, che si nasconde e teme
Può dar conforto a la virtù smarrita,
E toccherei di morte a me gradita,
8Se non posso d'Amor, le mete estreme.
O morte, o posa in ogni stato humano,
Secca pianta son io, che fronda a' venti
11Più non dispiega, e pur m'irrigo in vano.
Deh, vieni, morte soave, a' miei lamenti,
Vieni o pietosa, e con pietosa mano
14Copri questi occhi, e queste membra algenti.
- 1a. «Vissi»: parola usata ne la disperatione e nel proponimento di morire. Così VERGILIO parlando in persona de la disperata Didone: «Vixi, et quem dederat cursum fortuna peregi».
- 3a. «Hor la speranza manca»: già s'è detto che la speranza è uno de' nodrimenti de gli amanti.
- 5. «Nè quel desio, che si nasconde e teme»: intende Amore. Così disse PETRARCA: «Ivi s'asconde, e non appar più fore».
- 7a. «E toccherei di morte»: la morte non è fine, come dice ARISTOTELE, ma termine. Ma la meta ha ragione di termine e di fine. Il Poeta segue EURIPIDE, il quale aveva detto: «ὅθἱἡλικoσδ᾿ καπὶ | τερμ᾿ ἥκον Βἵο».
- 9a. «O morte»: chiama la Morte.
- 10a. «Secca pianta»: assomiglia la disperatione a la pianta che non può verdeggiare.
- 12a. «Deh vieni, o morte»: torna a chiamarla con parlar pathetico.