XVIII
Appressandosi a la sua Donna, dice a' suoi pensieri et a' suoi affanni che si partano da lui.
Fuggite egre mie cure, aspri martiri
Sotto il cui peso giacque oppresso il core,
Che per albergo hor mi destina Amore
4Di nova spene e di più bei desiri.
Sapete pur, che quando avien ch'io miri
Gli occhi infiammati di celeste ardore,
Non sostenete voi l'alto splendore,
8Nè 'l fiammeggiar di que' cortesi giri,
Quale stormo d'augei notturno e fosco,
Battendo l'ale inanzi al dì che torna,
11A rischiarar questa terrena chiostra.
E già, s'a certi segni il ver conosco,
Vicino è il Sol che le mie notti aggiorna,
14E veggio Amor che me l'addita e mostra.
- 1-2. «Fuggite egre mie cure, aspri martiri | Sotto il cui peso giacque oppresso il core»: «Egre cure», dice il Poeta, perchè fanno gli huomini infermi, come «pallida mors».
- 3-4a. «Che per albergo hor mi destina Amore | Di nova spene»: quasi ne l'amore habbia luogo il destino, ma non sempre, cioè non quando ripugna a l'appetito del senso, ma hora che mi lascio conducere ove gli piace.
- 4b. «e di più bei desiri»: inganna se medesimo a guisa d'innamorato, quasi preponendo Amore a la Filosofia.
- 5a. «Sapete pur»: perchè n'haveva fatta altra volta esperienza, laonde era lieto per la presenza de la sua Donna, e dolente per allontanarsene.
- 9a. «Quale stormo»: paragona la sua Donna al sole e i suoi dolenti pensieri a gli uccelli notturni, i quali non aspettano la luce, volendo forse accennar la civetta uccello sacrato a Pallade, perch'egli fu sempre desiderosissimo di sapere.
- 13-14. «Vicino è 'l Sol che le mie notti aggiorna, | E veggio Amor che me l'addita, e mostra»: il sole non ha bisogno alcuno d'esser mostrato a dito, perchè a tutti è manifesto per la sua chiarissima luce. Ma Amore tratta il Poeta da cieco, quasi stimandolo una civetta a que raggi. Et questo è uno scorno fattogli per disprezzo de la filosofia, overo ha risguardo al sole, che già comincia ad apparire. «addita»: come [13] «aggiorna», non si trova usata dal PETRARCA se non passivamente: «Che per cosa mirabile s'addita, | Chi vuol far d'Helicon nascer fiume». Il Poeta nondimeno l'usò attivamente ancora, come prima havea fatto DANTE: «Che questo, ch'io t'addito, | È miglior fabro del parlar materno».