CLIV
Descrive la bellezza de la sua Donna e dimostra come la dolcezza de le parole fossero la cagione del suo amore nel principio.
Su l'ampia fronte il crespo oro lucente
Sparso ondeggiava, e de' begli occhi il raggio
Al terreno adducea fiorito maggio,
4E luglio a i cori oltra misura ardente.
Nel bianco seno Amor vezzosamente
Scherzava, e non osò di fargli oltraggio;
E l'aura del parlar cortese e saggio
8Fra le rose spirar s'udia sovente.
Io, che forma celeste in terra scorsi,
Rinchiusi i lumi e dissi: - Ahi, come è stolto
11Sguardo, che 'n lei sia d'affissarsi ardito. -
Ma del rischio minor tardi m'accorsi:
Chè mi fu per l'orecchie il cor ferito,
14E i detti andaro ove non giunse il volto.
- 1a. «Su l'ampia fronte»: d.
- 3. «Al terren adducea fiorito maggio»: è simile a quello: «Et fiorir co' begli occhi le campagne».
- 4a. «E luglio»: dimostra ne' diversi subietti le maravigliose virtù de la sua Donna.
- 5a. «Nel bianco seno»: seguita descrivendo la bellezza.
- 9a. «Io, che forma celeste»: simile a quello «L'opra è sì altera, e sì leggiadra e nova, | Che mortal vista in lei non s'assecura».
- 12a. «Ma de l'altro periglio»: dimostra il poco avedimento de' giovani, che non pongono la guardia a tutti i sensi egualmente per escluderne Amore, la qual inavertenza non sarebbe diversa da quella d'un capitano che, serrando una porta a un nemico, ne lasciasse aperta un'altra.