VII
Mostra quanta dolcezza sia ne le pene amorose.
Se d'Amor queste son reti e legami,
O com'è dolce l'amoroso impaccio;
Se questo è il cibo ov'io son preso al laccio,
4Come son dolci l'esche, e dolci gli hami.
Quanta dolcezza a gli inveschiati rami
Il vischio aggiunge et a l'ardore il ghiaccio;
Quanto è dolce il soffrir, s'io peno e taccio,
8E dolce il lamentar, ch'altri non ami.
Quanto soave ancor le piaghe interne,
E lacrime stillar per gli occhi rei,
11E d'un colpo mortal querele eterne.
Se questa è vita, io mille al cor torrei
Ferite e mille, e tante gioie haverne;
14Se morte, sacro a Morte i giorni miei.
- 1. «Se d'Amor queste son reti e legami»: materialmente intende i capelli de la sua Donna; spiritualmente i suoi desideri.
- 2. «O com'è dolce l'amoroso impaccio»: «impaccio» perchè è impedimento a conseguire il fine posto ne l'attione o ne la contemplazione.
- 3 . «Come son dolci l'hesche, o dolci gli hami»: «esche et hami» chiama i diletti de le cose sensuali. Così il PETRARCA: «In tale stella io presi l'esca, e l'hamo». Et in quell'altro luogo: «Il cor preso, ivi come pesce a l'hamo». Et in quelli similmente: «Ne però smorso i dolci inescati hami» [e] «Preghi, che sprezzi il mondo, e i suoi dolci hami». Monsignor DE LA CASA similmente «Io come augel del ciel scende a poca esca».
- [6]. Il «vischio» è figura del medesimo.
- 7-8. «Quanto è dolce il soffrir s'io peno e taccio | E dolce il lamentar, ch'altri non ami»: ad imitatione di quel sonetto «Dolci son le quadrella, ond'Amor punge» sia[no] dette queste cose e le seguenti.
- 12a. «Se questa è vita»: mostra di dubitar se questa dolcezza mescolata d'amaritudine sia vita o morte. La stima vita però che la vita ci diletta, come dice ARISTOTILE, et dal piacer che sente, non solo argomenta d'esser vivo, ma desidera di viver in cotal modo. La giudica a l'incontra [14]«morte», perchè la vita è di quelle cose che sono care, et amate per se stesse: ma questa è gradita non per sè, ma per gloria de la sua Donna, e per maraviglia de la sua bellezza. E dice di consacrare a morte i suoi giorni, cioè di vivere continuamente in altrui. Nè si può in altro modo meglio conoscer la vanità degli amanti, i quali non si posson chiamar nè vivi nè morti, laonde quanto la vita o contemplativa o attiva ci piace, tanto dobbiamo schifar l'amor sensuale.