CLVI
Nel medesimo soggetto.
Tra l'empie fiamme a gli occhi miei lucente
La mia sì bella appare, e sì pietosa,
Come al partir d'oscura notte ombrosa,
4Vidi purpurea luce in oriente.
O come al tempo già di Troia ardente
Helena tacque sospirando ascosa,
Che le faci infiammò, rapita sposa,
8Piena la terra e 'l mar di fera gente.
Sante luci del ciel, non faccia oltraggio
Ingiurioso foco al biondo crine,
11Od a le rose in lei ch'invidia il maggio,
Nè strugga le sue bianche e fresche brine;
E s'in me pur s'accende il dolce raggio,
14Non s'estingua il mio foco anzi il mio fine.
- 1a. «Tra l'empie fiamme»: chiama «empie» le fiamme de l'incendio e [2] «pietosa» fiamma la sua Donna per metonimia, ponendo la cagione per l'effetto.
- 3a. «Come al partir»: assomiglia la sua Donna a l'aurora.
- 5a. «O come al tempo»: la paragona ad Helena, di cui si leggono nel secondo de l'Eneide questi versi: «Et tacitam secretam in sede latentem | Tindaridam aspicio dant clara incendia lucem». Ma il paragone non si stende oltra questa parte, perchè non è necessario che risponda a tutte le parti.
- 7. «Che le faci infiammò, rapita sposa»: ha risguardo a quelle parole del sesto: «Flammam media ipsa tenebat | Ingentem, etc.».
- 9a. «Sante luci del ciel»: affettuosa conversione al cielo, per la salute de la sua Donna.