CX

Prima dubita con qual rete possa prender l'aura et in qual parte debba tenderla. E poi si mostra pentito di tentar cosa impossibile.

Di che stame ordirò la vaga rete,
Onde l'aura fugace, Amore, annodi,
Mentre fugge l'insidie e spezza i nodi,
4E le sue fiamme accende, e la mia sete?
D'alte querele forse, o di secrete?
Di soavi lusinghe e care frodi?
O di lacrime sparse in dolci modi?
8O di rime dolenti, o pur di liete?
Dove fia teso il laccio? Ove dispiega
Le belle chiome al vento un lauro ombroso?
11O pur tra l'herbe di smeraldo ascoso?
Ah, nemico di pace e di riposo,
Chi tende a l'aura, e chi la canta e prega,
14E se medesmo solo avolge e lega.

  • 1. «Di che stame ordinò la vaga rete»: fra l'esperienze e le prove di cose impossibili, con le quali il PETRARCA vuol porci avanti gli occhi la varietà de gli amanti, è quella: «E co 'l bue zoppo andrem cacciando l'aura», volendo forse darci a divedere che la maturità de consigli e la gravità con la qual sogliamo conseguir molte cose malagevoli, non bastavano a questa operatione. E tutto che paresse vana l'impresa di colui che portò per impresa «Un che la lepre seguita co 'l carro», come scrisse il padre de l'Autore, nondimeno il far la caccia de la lepre è cosa naturale, ma il cacciar l'aura è cosa fuor di nostra natura, non solo contra ogni usanza. Egual vanità è ne l'uccellare a l'aura. Nondimeno di questa ancora volle lasciar essempio il PETRARCA, dicendo «In rete accolgo l'aura, in ghiaccio i fiori». Ma il Poeta, dubitando se nel testo allegorico vi fosse alcuna cosa non isconvenevole, ricerca qual debba essere la rete che possa prender l'aura. E perchè l'aura è sottile, cerca d'assottigliare la rete; perchè occulta, d'occultarla; perch'è invisibile, di fare il laccio ancora invisibile.
  • 5. «D'alte querele forse, e di secrete»: queste sono l'artificiose fila de l'artificiosa rete, con la quale crede di prender l'aura.
  • 9a. «Dove fia teso il laccio»: ha dubitato de la materia de la rete. E non potendo farla materiale, l'ha fatta spirituale. Hora dubita del luogo, ma non gli sovenendo luogo che non sia termine di qualche corpo, mentre ne va ricercando uno intelligibile, si risolve ch'il tender a l'aura e lo spargere i lamenti a l'aura, sia cosa d'huomo vanissimo, et nimico di pace e di riposo.