CXLIII
Loda gli occhi negri scintillanti, assomigliandoli al mar profondo in cui risplendono i raggi del sole.
Questo sì puro, e lieto, e dolce raggio
Non è di stella o pur di bianca luna,
Ma par di sole, e sole altro non haggio.
E mentre sete più, luci, tranquille,
5Quasi un bel mare il bel profondo inbruna,
Con più soavi e lucide faville.
O sian lumi d'Amore ardenti e chiari,
O de l'alma gentil, ch'in voi si mostra,
Deh, non turbi Fortuna occhi sì cari,
10E 'l bel sereno, e l'alta pace vostra.
- 1. «Questo sì puro, e lieto, e dolce raggio»: questo raggio, che risplende ne gli occhi (dice il Poeta) non è raggio di luna o di stelle, ma di sole, perch'egli è luminoso molto, essendo il lume della cagione di letitia, e le tenebre, a l'incontro, di mestitia, e molto puro. Conditione che parimente s'appartiene al sole, il qual purifica l'aria più di tutti gli altri pianeti.
- 5a. «Quasi un bel mare»: il sensorio de gl'occhi, come dice Aristotele, naturali, ne' piccioli è de la natura de l'acqua e in quelli, come afferma il medesimo ne' libri De le parti de gli animali, che son negri, è molto humore, e ciò prova con la similitudine del mare, il quale all'hora ch'è più profondo è più negro.
- 7a. «O sian lumi d'Amore»: cioè «raggi», ad imitatione d'OVIDIO.
- 8a. «O de l'alma gentil»: imita il PETRARCA, il qual disse: «Sì che visibilmente il cor traluce» et in un altro luogo: «De l'alma che traluce come un vetro».
- 9a. «Deh, non turbi»: affettuosamente desidera ch'i begli occhi siano sempre sereni, e chiama [10b] «pace» de gli occhi la serenità.