CXLVI
Descrive in se medesimo la natura e la sollecitudine de' gelosi.
Geloso amante, apro mill'occhi e giro,
E mille orecchi ad ogni suono intenti,
E sol di cieco horror larve e spaventi,
4Quasi animal ch'adombre, odo e rimiro.
S'apre un riso costei, se 'n dolce giro
Lieta rivolge i begli occhi lucenti,
Se tinta di pietà gli altrui lamenti
8Accoglie, o move un detto od un sospiro,
Temo ch'altri ne goda, e che m'invole
L'aura e la luce; e ben mi duol che spieghi
11Raggio di sua bellezza in alcun lato.
Si nieghi a me, pur ch'a ciascun si nieghi:
Che quando altrui non splenda il mio bel Sole,
14Ne le tenebre ancor vivrò beato.
- 1a. «Geloso amante»: finge che 'l geloso sia uno mostro con mille occhi e mille orecchie, ma allegoricamente per [1b] «occhi» e per [2a] «orecchi» intende i pensieri del geloso.
- 5a. «S'apre un riso costei»: narra molte cose che soglion esser cagion de la gelosia.
- 9a. «Temo ch'altri ne goda»: dice quel che è la gelosia, cioè timore ch'altri non goda de la bellezza de la cosa amata.
- 9b-10a. «e che m'invole | L'aura e la luce»: pare che 'l sospetto sia tanto che si stenda ancora a le cose impossibili, e somiglia a quello: «Pur come Donna in un vestire schietto | Celi un huom vivo, e sotto un bianco velo».
- 11a. «Si nieghi a me»: descrive la natura del geloso, simile a quella de l'invidioso, la qual, come dice ARISTOTELE nel secondo de la Retorica, è molestia, per la prosperità de' simili. Cioè non si dogliono tanto per la privatione, quanto perchè gl'altri posseggono quello che lor manca, et quella differenza distingue l'invidia da l'emulatione. Perchè l'emulo si duole non perchè gl'altri godano, ma perch'esso non gode similmente. Ma il geloso, per opinione de l'Autore, in ciò è diverso da l'emulo et è più somigliante a colui che porta invidia.