CLVII
Mostra di riconoscer la sua Donna in maschera, benchè fosse ignobilmente vestita.
Chi è costei, ch'in sì mentito aspetto
Le sue vere bellezze altrui contende,
E 'n guisa d'huom ch'a nobil preda intende,
4Occulta va sott'un vestir negletto?
Se 'l ver meco ne parla un novo affetto
Ch'in virtute d'Amor ragiona e intende,
Quest'è colei ch'invola i cori e prende
8Mill'alme, aprendo ogni più chiuso petto.
E ben veggio hor, come soave e chiara
Mova la vista insidiosa e 'l suono
11Che produce fra noi sonno ed oblio.
Aspro costume in bella Donna e rio,
Che dentro al regno sol d'Amor s'impara:
14Voler di furto il cor, s'io l'offro in dono.
- 1a. «Chi è costei»: è detto non solo con interrogatione, ma con maraviglia.
- 1b-2. «ch'in sì mentito aspetto | Le sue vere bellezze altrui contende»: cioè cela, perchè le cose celate son quasi negate.
- 3a. «E 'n guisa d'huom»: perch'è costume de gli huomini ammascherati il vestir d'habiti grossi.
- 5a. «Se 'l ver meco ne parla»: mostra di riconoscerla.
- 6. «Che 'n virtute d'Amor ragiona e intende»: significa il parlare interno, il quale è l'istesso che l'intendere.
- 9a. «E ben veggio»: questi sono i segni a' quali è riconosciuta.
- 12a. «Aspro costume»: il primo è furto fatto a Monsig[nor] DE LA CASA, ma acutissimamente soggiunge: [14] «Voler per furto», e parlando del furto amoroso, commette il furto poetico, ch'è più lecito.