IX
Si lamenta che la sua Donna non lasci il guanto.
Lasciar nel ghiaccio o ne l'ardore il guanto,
Amor più non solea,
Dapoi che preso e' suo poter m'havea
Nel laccio d'oro, ond'io mi glorio e vanto.
5Mentre io n'andava ancor libero e scarco,
Il candor m'abbagliò di bianca neve,
Sì che non rimirai la rete e i nodi.
Poi che fui colto, e di spedito e leve
Tornai grave, e'mpedito e caddi al varco,
10Coperse il mio diletto, e 'n feri modi
Sdegnò la bella man preghiere e lodi.
Ahi crudel mano, ahi fera invida spoglia,
Chi fia che la raccoglia,
Nè sdegni i baci e l'amoroso pianto?
- 2. «Amor più non solea»: chiama Amor la sua Donna, come fece il PETRARCA dicendo «Quando Amore i begli occhi a terra inchina», et in quell'altro luogo «Ove già vidi Amor fermar le piante».
- 4. «Nel laccio d'oro, ond'io mi glorio e vanto» : segue parimente il PETRARCA: «Del laccio d'or non fia mai, chi mi scioglia».
- 6b. «di bianca neve»: aggiunto, che ne l'oratore sarebbe per aventura vitioso, come insegna ARISTOTILE nel terzo de la Retorica, ma nel poeta è convenevole.
- 8-9. «Poi che fui colto, e di spedito e leve | Tornai grave, e 'mpedito»: anthiteti, o contraposti, che sono convenevolissimi ne l'ornata maniera di parlare, come insegna DEMETRIO FALEREO.
- 10b-11. «e 'n feri modi | Sdegnò la bella man preghiere e lodi»: attribuisce a la parte quello ch'è proprio del tutto: perchè non si sdegna la mano. Lo sdegno nondimeno de la Donna può manifestarsi in qualch'atto de la mano.
- 12b. «ahi fera invida spoglia»: chiama «spoglia» il guanto, come chiamò il PETRARCA «Chi hebbe al mondo mai sì dolci spoglie?». E la chiama «fera», et «invida» affettuosamente, perchè gli ricuopre il suo diletto. E tutta questa ballata è fatta ad imitatione di quella del PETRARCA «Lasciar il velo per sole, o per ombra» e con la medesima testura.