CLXXV

Scrive ad una Gentildonna mostrando che 'l difetto de l'amare non era ne la bellezza di lei, ma ne l'amor proprio.

Facelle son d'immortal luce ardenti
Gli occhi che volgi in sì soavi giri,
E fiamma è l'aura, che tu movi e spiri
4A formar chiari angelici concenti.
E qual hor più ti lagni o ti lamenti,
Foco 'l tuo pianto, e foco i tuoi sospiri,
E quanti tu, col dolce sguardo hor miri,
8E quanti rendi al dolce suono intenti.
Sol io, fra i vivi raggi, e fra le note
Onde avampa ciascun, nulla mi scaldo,
11Nè trova onde nutrirsi in me l'ardore.
Nè già son io gelido marmo e saldo,
Ma, consumato in altra fiamma il core,
14Hor che cenere è tutto, arder non pote.

  • 1a. «Facelle»: cioè atti, non altrimenti che sian le facelle ad accender il fuoco.
  • 3a. «E fiamma è l'aura»: per «aura» intende la voce e lo spirito.
  • 6b. «e foco»: in somma la cagione e tutte l'altre cose erano tali e sì fatte, che potevano infiammare gli animi.
  • 9a. «Sol io»: rende cagione perch'egli non s'accenda parimente d'amoroso desiderio.