CLXX
Loda le bellezze de la sua Donna con meravigliose similitudini del lauro e de le sue proprietà.
Sorgea, per meraviglia, un vivo lauro
Tutto securo dal furor del cielo,
Con l'auree fronde e con pungenti rami,
Benché molle paresse il nobil tronco;
5Ma sì ferma non fu rigida pietra,
E v'affinava Amor gli aurati strali.
Dove aguzzava, ei vi spuntò gli strali
Senza passar la scorza al dolce lauro
E 'l diaspro stimò più molle pietra;
10E disse: - È meglio saettar nel cielo
Ch'in questo così vago e chiaro tronco,
Ch'ombra mi fa co' suoi frondosi rami. -
Paiono augelli infra gli ombrosi rami
Vaghi Amoretti, e con acuti strali
15Fanno i lor dolci nidi in mezo al tronco,
O pur com'api in quel vivace lauro;
E tanti son quanti le stelle in cielo;
E ciascun passerebbe un cor di pietra.
Tante faville ancor di viva pietra
20Non uscir mai, quante da' vaghi rami,
e tutte somigliar lumi del cielo.
E se 'l percote Amor con gli aurei strali,
Vedreste fiammeggiar d'ardente lauro
Via più che selce ripercossa il tronco.
25Ne l'arabico mar s'asconde un tronco
Verde ne l'acque e fuor si volge in pietra;
e serba i suoi colori il verde lauro
Che più s'inaspra, ove le fronde e i rami
Men duri assai de' miei pungenti strali,
30Alzandosi da l'acque, ei mostra al cielo.
Tal sovra queste rive, e 'n questo cielo
Questo maraviglioso e novo tronco,
Che non cura d'Amor l'arco e gli strali,
In mezo al mar del pianto è fredda pietra;
35E 'ndura al lacrimar le foglie e i rami
Ove non toccan l'onde il verde lauro.
Quanti la pianta ha rami, Amore ha strali
E raggi il sole; e del mio lauro il tronco
Risplende più, ch'al ciel lucente pietra.
- 1. «Sorgea, per meraviglia, un vivo lauro»: cioè per dar meraviglia, un «vivo lauro» per significar la sua Donna, ad imitatione del PETRARCA: «Quel vivo lauro, in cui non mossen fronda».
- 2a. «Tutto securo»: perch'il lauro non è percosso dal fulmine.
- 3a. «Con lauree fronde»: che significano «le chiome», ad imitatione similmente del PETRARCA: «Ch'i rami di diamante, e d'or le chiome», o scherza col doppio significato, come il PETRARCA: «Battendo l'ali inverso l'aurea fronde».
- 6a. «E v'affinava»: finge poeticamente ch'Amore agguzzasse le saette nel tronco del lauro, e poi le spuntasse.
- 8b. «al dolce lauro»: imita similmente il PETRARCA, il quale il chiamò «dolce», per distinguerlo da tutti gli altri che sono amari.
- 10. «E disse: È meglio saettar nel cielo»: è detto per mostrar che la castità di Laura era maggiore che quella de gli Dei favolosi.
- 13-14a. «Paiono augelli infra gli ombrosi rami | Vaghi Amoretti»: è imitatione di TEOCRITO, nel decimoquinto Idilio intitolato Siracusane, nel quale egli finge che gli Amori volassero sopra le foglie de l'aneto, come usignoli tra le frondi d'un alt'albero. I versi imitati son questi: «Δέ δ μανθ᾿ οἱ δέ τε κῶροι ὑπερ ποτωντα εἴροτες | Οἷ αηδονιῆες ἀεξομένων ὠτ δενδων».
- 16a. «A guisa d'api»: TEOCRITO paragonò gli Amori a gli usignoli, il TASSO a l'api per rispetto de l'ago, come paragonò l'istesso Poeta in un altro suo picciol poema nel qual finge ch'Amore, furando il mele, sia punto da l'ape.
- 16b. «in quel vivace lauro»: perchè l'api fanno le celle ne' tronchi de gli alberi, come oltre ARISTOTELE racconta il GIOVIO ne le cose di Moscovia.
- 17a. «E tanti son»: nel numero dimostra quanti sian gli amorosi desideri.
- 19a. «Tante faville»: accenna la proprietà del lauro già narrata di sopra.
- 25a. «Ne l'arabico mar»: di questo lauro, il qual si petrifica nel golfo de gli Heroi, scrive TEOFRASTO ne l'Historia de le piante e 'l MATTIOLO tra' moderni.
- 31a. «Tal»: fa comparatione del lauro petrificato con la sua Donna.
- 37a. «Quanti la pianta»: raccoglie quasi in epilogo i concetti detti prima, non solamente le parole.