41
Sendo lontano dalla sua donna, udì la novella delle sue nozze, nella quale occasione compose la presente canzona.
Amor, tu vedi, e non hai duolo o sdegno,
Chinar Madonna il collo al giogo altrui:
Anzi ogni tua ragion da te si cede.
Lasso, se 'l bel tesoro ond'io già fui
5Sì vago, altri s'ha tolto, hor qual può degno
Premio il merto adeguar de la mia fede?
Qual più sperar ne lice ampia mercede
Da la tua ingiusta man, se 'n un sol punto
Hai le ricchezze tue diffuse e sparte?
10Anzi pur chiuse in parte
Ov'un sol gode ogni tuo ben congiunto.
Ben folle è chi non parte
Homai lungi da te, ché tu non puoi
Pascer se non di furto i servi tuoi.
15Ecco ch'io dal tuo regno il piè rivolgo,
Regno crudo infelice; ecco ch'io lasso
Qui le ceneri sparte e 'l foco spento.
Ma tu mi segui e mi raggiungi, ahi lasso,
E per fuggirti indarno il nodo i' sciolgo:
20Ch'ogni corso al tuo volo è pigro e lento.
Già via più calde in sen le fiamme sento,
E via più gravi al piè lacci e ritegni:
E come a servo fuggitivo ingrato,
Qui sotto 'l manco lato
25D’ardenti note il cor m' imprimi, e 'l segni
Del nome a forza amato;
E perch'arroge al duol, ch'è in me sì forte,
Formi al pensier ciò che più noia apporte.
Ch'io scorgo in riva al Po Letitia e Pace
30Scherzar con Himeneo, che 'n chiaro suono
Chiama la turba a' suoi diletti intesa.
Liete danze vegg'io, che per me sono
Funebri pompe, et un'istessa face
Ne l'altrui nozze e nel mio rogo accesa;
35E quasi Aurora in Oriente ascesa,
Donna apparir, che vergognosa in atto
I rai de' suoi begli occhi a sé raccoglia,
E ch'altri un bacio toglia,
Pegno gentil, dal suo bel viso intatto,
40E i primi fior ne coglia:
Quei che già cinti d'amorose spine
Crebber vermigli infra le molli brine.
Tu ch'a que' fiori, Amor, d' intorno voli
Qual ape industre, e 'n lor ti pasci e cibi,
45Schivo homai di tutt'altre esche mortali,
Deh come puoi soffrir ch'altri delibi
Humor sì dolce, e 'l tuo nettar t'involi?
Non hai tu da ferir gli usati strali?
Lasso, e ben fosti allhor pronto a' miei mali
50Che da vaghezza tratto incauto i' venni
Là 've spirar tra le purpuree rose
Sentii l'aure amorose,
E ben piaghe da te gravi sostenni,
Ch'aperte e sanguinose
55Ancor dimostro a chi le stagni e chiuda:
Ma trovo chi le inaspra ognihor più cruda.
Ohimé che ’l mio pensier ciò che più duole
A l'alma inferma hor di ritrar fa prova,
E più s'interna ognihor ne le sue pene.
60Ecco che la mia donna, in cui sol trova
Sostegno il core, hor come vite suole,
Che per se stessa caggia, altrui s'attiene;
Qual hedera negletta hor la mia spene
Giacer vedrassi, s'egli pur non lice
65Che la sostegna chi altrui s'abbraccia.
Ma tu, ne le cui braccia
Sorge vite sì bella, arbor felice,
Poggia pur, né ti spiaccia
Ch'augel canoro intorno a' vostri rami
70Goda sol l'ombra, e più non speri o brami.
Né la mia donna, perc’hor cinga il petto
Di novo laccio, il laccio antico sprezzi
Che di vedermi al cor già non le increbbe;
Od ella che l'avinse, ella lo spezzi,
75Ché sciorlo homai, così è 'ntricato e stretto,
Né la man stessa che l'ordio potrebbe.
E se pur anco occultamente crebbe
Il suo bel nome ne' miei versi accolto,
Quasi in fertil terreno arbor gentile,
80Hor segua in ciò suo stile,
Né prenda a sdegno esser cantato e colto
Da la mia penna humile:
Ché forse Apollo in me le gratie sue
Verserà, dove scarso Amor mi fue.
85Canzon, sì l'alma è ne' tormenti avezza,
Che, se ciò gli è concesso, ancor confida
Paga restar ne le miserie estreme;
Ma se di questa speme
Avien che 'l debil filo altri recida,
90Deh tronchi a un colpo insieme
(Ch'io 'l bramo e 'l cheggio) al viver mio lo stame
E l'amoroso mio duro legame.