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Venendo l’Autore di Bologna in Padova, fu raccolto nell’Accademia degli Eterei, che si ragunava in casa del Signor Scipione Gonzaga suo particolar signor e protettore, ond’egli scrisse loro questo sonetto continuando nella metafora del Tasso arbore del suo cognome, de’ cui frutti gustando l’api producono il mele amarissimo.
Poi che 'n vostro terren vil Tasso alberga
Dal Ren traslato, ond'empia man lo svelse,
Là 've par ch'egualmente homai l'eccelse
4Piante e le basse horrida pioggia asperga,
S’egli già fu negletta et humil verga,
Hor mercé di colui che qui lo scelse
Fra' suoi be' lauri, e propria cura felse,
8Tosto averrà ch'al ciel pregiato s'erga.
E caldi raggi, e fresch'aure e rugiade
Pure n'attende a maturar possenti
11E raddolcir l'amate frutta acerbe,
Onde il lor succo a l'api schife aggrade
E mel ne stilli che si pregi e serbe
14Poscia in Parnaso a le future genti.