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Scrisse all’Illustrissimo Signor Scipione Gonzaga, lodandolo con una nuova maniera dell’eccellenza della poesia e della virtù dell’operare.

Ben per tuo danno in te sì larga parte
Del suo divino spirto Apollo infonde,
E i doni suoi, perché tu sol n'abonde,
4Sì scarsamente a noi versa e comparte:
Ché se fosse in altrui l'ingegno e l'arte
Che 'n te quasi sepolto hoggi s'asconde,
Sol dagli alti tuoi pregi, e non altronde,
8Torria nobil materia a mille carte.
Tu, mentre gli occhi in ogni parte giri,
Né ritrovi al tuo canto egual soggetto,
11Pien di sdegno gentil taci e sospiri.
Perché dir di te stesso a te non lece?
Perché ciò deve a SCIPIO esser disdetto,
14Se già (né senz’honor) Cesare il fece?