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Scritto all’Eccellentissima Madama Leonora da Este, alla quale da’ medici per alcuna sua infermità era stato vietato il cantare.

Ahi ben è reo destin che 'nvidia e toglie
Al mondo il suon de' vostri chiari accenti,
Onde adivien che le terrene genti
4De' maggior pregi impoverisca e spoglie:
Ch'ogni nebbia mortal che 'l senso accoglie
Sgombrar potea da le più fosche menti
L’armonia dolce, e bei pensieri ardenti
8Spirar d’honore, e pure e nobil voglie.
Ma non si merta qui forse cotanto,
E basta ben che i seren'occhi e 'l riso
11N’infiammin d'un piacer celeste e santo.
Nulla fora più bello il paradiso,
Se 'l mondo udisse in voi d'angelo il canto,
14Sì come vede in voi d'angelo il viso.