Lettera n. 351

Mittente
Tasso, Torquato
Destinatario
Lucrezia d'Este, duchessa di Urbino
Data
18 marzo 1585
Luogo di partenza
Ferrara
Luogo di arrivo
Ferrara
Lingua
italiano
Incipit
La mia lunga infermità, la qual m'ha tolta la memoria
Regesto

La lettera è indirizzata a Lucrezia d’Este, figura che rievoca i tempi passati del poeta, appartenendo ad una fase cortigiana giovanile che appare ormai lontana. Tasso scrive come la lunga infermità, che gli ha tolto memoria di molte cose a lui care, gli ha lasciato quella dei favori e delle grazie mosse dalla duchessa, che gli rendono graditi i tempi passati e lo inducono a non disperare in quelli futuri. L'autore ripercorre nella lettera le tappe della loro conoscenza, a partire dagli anni di servizio al fratello Luigi d'Este, quando l'appoggio della corrispondente gli aveva fornito quel coraggio che non avrebbe trovato in se stesso: rammenta come tramire il suo favore venne onorato dai signori della corte ferrarese, ovvero Ercole de' Pii, Guido Bentivoglio, Alfonso d'Este, Ercole Contrari, i fratelli Ferrante ed Ercole Tassoni, Luigi Gonzaga, Ercole Varano, Alfonso Villa, i cavalieri Gualengo (Camillo) e Berniero e infine Ercole Giglioli. Ricorda poi l’unione in matrimonio a Francesco Maria II della Rovere nel gennaio del 1570, occasione in cui difese le cinquanta Conclusioni amorose; nel luglio del ’71 il Tasso si era recato ad Urbino prendendo parte al seguito che accompagnava Lucrezia per il soggiorno estivo nelle residenze estensi e, come viene ripercorso nei paragrafi centrali, fu lei stessa ad interporre i propri buoni uffici affinché si sistemasse presso il fratello Alfonso. La duchessa viene dunque ricordata nella missiva come il principio dell’accoglienza del Tasso, dopo il viaggio in Francia, presso la cerchia del duca. Con la venuta a Pesaro la duchessa aggiunse favori a quelli passati, «onorandolo e facendolo onorare» dal duca Guidubaldo. Dichiara che se non si fosse allontanato da lei non sarebbe incappato in tanti sfortunati avvenimenti: con tono patetico e ricalcando i versi di Orazio a Melpomene (Orazio, Carm. IV 3, 24, «Quod spiro et placeo, si placeo, tuum est») prosegue scrivendo che se vive, spira, spera, scrive o pensa di scrivere è grazie a Lucrezia d'Este. Facendo perno sulla benevolenza di quest’ultima, l’autore muove la supplica affinché attraverso la sua pietà lo liberi dalla prigionia e lo faccia tornare nel consesso di gentiluomini, dove potrà risanare dalla sua infermità.

Testimoni
  • Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Est. It. 732 = alfa.S.8.13, lettera n. 110, cc. 93v-96r
    Copia, manoscritto di altra mano.
    Manoscritto, mm 305 x 209.
    Indirizzo presente.
  • Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Est. It. 644 = alfa.F.4.19
    Copia, manoscritto di altra mano.
    Manoscritto.
  • Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Raccolta Molza Viti, lettera n. 29, Int. 2 19, c. 19r-v
    Copia, manoscritto di altra mano.
    Fogli con busta, 1 c..
  • Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 10976, lettera n. 110, cc. 88r-90r
    Copia, manoscritto di altra mano.
    Unità di manoscritto composito.
Edizioni
Bibliografia
  • Russo 2022 = Emilio Russo, Torquato Tasso, in Autografi dei letterati italiani. Il Cinquecento, tomo III, a cura di Matteo Motolese, Paolo Procaccioli, Emilio Russo, Roma, Salerno editrice, 2022, pp. 369-416, p. 384
Opere citate

Conclusioni amorose

Nomi citati

Scheda di Carolina Truzzi | Ultima modifica: 16 gennaio 2024
Permalink: https://www.torquatotasso.org/lettere/351