Il messaggiero
Insieme editoriale: Dialoghi filosofici
Nel Messaggiero, testo tra i più celebri della dialogistica tassiana, si affrontano due argomenti distinti ma correlati: in primo luogo, la natura e le funzioni dei demoni, intermediari tra umano e divino; in secondo luogo, la figura dell'ambasciatore, mediatore tra principi. Nella finzione narrativa, il dialogo prende le mosse da un'apparizione: una mattina, all’alba, il poeta sente che qualcuno lo sta chiamando. È la voce non ignota di un «gentile spirto», già percepita da Tasso in altre occasioni. Il desiderio di conoscere l’identità dell’essere misterioso dà origine a un’articolata investigazione sui demoni, entità arcane di cui si parla nei testi della tradizione platonica. Dopo la sezione iniziale del dialogo, nella quale vengono svolte suggestive considerazioni sui sogni e sull'immaginazione (fondate soprattutto sul De anima e sui Parva naturalia di Aristotele), lo spirito dimostra la necessità di postulare l'esistenza dei demoni per spiegare numerosi eventi prodigiosi sia della storia romana (elencati nei Factorum et dictorum memorabilium libri di Valerio Massimo) sia di quella dei popoli scandinavi (conosciuti da Tasso attraverso la Historia de gentibus septentrionalibus di Olao Magno). Che i demoni esistano viene comprovato inoltre, prosegue lo spirito, dalle opere dei maghi e degli astrologi. In questa sezione del dialogo si recuperano sia la distinzione tra magia naturale e magia demonica sia quella tra astrologia giudiziaria (o divinatrice) e astrologia matematico-descrittiva, entrambe di vasta tradizione e notevole fortuna tra Umanesimo e Rinascimento. Le fonti, a tale proposito, sono soprattutto la Strix di Giovanni Francesco Pico della Mirandola e le Disputationes adversus astrologiam divinatricem di Giovanni Pico della Mirandola. Le caratteristiche dei demoni vengono dunque illustrate attraverso un recupero del Simposio di Platone e di alcuni testi della tradizione medio e neoplatonica come quelli di Giamblico e Sinesio, noti a Tasso grazie alla mediazione di Marsilio Ficino. In seguito, nella parte centrale del dialogo, le disquisizioni demonologiche vengono inglobate in una più vasta trattazione di tipo cosmologico, che si articola in una riscrittura in chiave cristiana (anche qui realizzata seguendo anzitutto Ficino) della celebre cosmogonia del Timeo di Platone.
Dopo questa parte speculativa (e dopo un passo piuttosto esteso di tipo encomiastico, nella quale vengono elogiate persone illustri dell’epoca), abbiamo la sezione civile dedicata all’ambasciatore. Pur volendo fornire un ritratto ideale (e quindi consono all’impostazione platonica complessiva del Messaggiero), in questa sezione non si compone un quadro idealizzato dei rapporti principe-uomo di corte, ma si offrono indicazioni operative generali che consentano all’ambasciatore di gestire situazioni problematiche nella ricerca non solo dell’onesto e del giusto ma anche dell’utile. Innanzi tutto l’ambasciatore deve possedere una notevole padronanza dei più efficaci strumenti retorici: la sua finalità è sempre la conciliazione dei principi e pertanto, in una missione diplomatica, deve saper individuare quegli accorgimenti comunicativi che non solo evitino qualsiasi conflitto ma che anzi favoriscano l’instaurazione di relazioni pacifiche e collaborative tra diversi signori. Tale obiettivo deve essere perseguito anche quando si tratta di trasmettere una disfida, giacché secondo lo spirito il fine della guerra resta sempre la pace. Le capacità argomentative e persuasive sono decisive anche nel caso in cui il signore sia intenzionato a realizzare progetti politici contrari all’etica; l’ambasciatore allora dovrà assumere il ruolo del consigliere per poter così ricondurre il principe sulla strada del giusto e del ragionevole. Le considerazioni svolte in questa seconda parte del Messaggiero poggiano ancora su Platone (segnatamente la Repubblica), ma anche su Aristotele (l’Etica Nicomachea), nonché sul Cortegiano di Castiglione e sul Principe di Machiavelli.
Molto celebre è il passo del Messaggiero nel quale Tasso parla della propria personale melanconia, connettendola, sulla scorta di un passo celebre dei Problemata aristotelici (XXX 1), all’esperienza di alcuni personaggi dell’antichità che seppero dimostrare qualità eccellenti nella poesia, nel governo dello stato, nella filosofia. Questo passo ha una funzione apologetica e autopromozionale più che corrivamente autobiografica; essa infatti è strettamente connessa alla situazione nella quale l’autore si trovava negli anni della redazione originaria del dialogo, ossia presso l’Ospedale di Sant’Anna a Ferrara. Tasso intende difendere il proprio operato e ribadire le proprie qualità non solo in quanto poeta e filosofo ma anche come cortigiano (d’altronde nella sezione sull’ambasciatore l’autore vuole dimostrare di essere ben consapevole degli obblighi che un uomo di corte ha nei confronti del proprio principe). A questo proposito si potrebbe osservare che il dialogo probabilmente nasce non solo dalla volontà dell’autore di confrontarsi con i più insigni dialoghi platonici (Simposio e Timeo), ma anche dal suo desiderio di intercettare interessi per demonologia, magia e astrologia diffusi allora presso la corte mantovana dei Gonzaga e coltivati anche dal principe Vincenzo, al quale il dialogo è dedicato.
Il colloquio, riassunte le qualità dell’ambasciatore, si avvia verso la conclusione: lo spirito svanisce lasciando «soavissimi odori d’ambrosia» e illuminando la stanza con la sua «celeste luce».- Struttura
Dialogo filosofico. Interlocutori: "gentile spirto", Torquato Tasso.
- Storia del testo
Il processo di composizione del Messaggiero si svolge attraverso tre fasi redazionali, denominate α, β e γ, che corrispondono agli anni 1580-1582, 1582-1583, 1587. Nel 1580-1583 Tasso si trova presso l’ospedale di Sant’Anna, a Ferrara; nel 1587, invece, a Mantova, alla corte dei Gonzaga. Un riferimento al carnevale presente nella prima redazione (Raimondi 1958, III, p. 323, § 33) e la lettera di Giulio Mosti, un intimo della cerchia tassiana, a Marcello Donati, segretario della corte gonzaghesca, datata 11 agosto 1580 (Solerti 1895, II, n. CXXXIX, pp. 146-147) permettono di collocare la stesura originaria del testo nel periodo febbraio-agosto di quell’anno.
Il 2 settembre 1580 Tasso scrive all’amico Scipione Gonzaga (Lettere, ed. Guasti, n. 135), manifestando il desiderio di trovare una persona fidata alla quale consegnare il dialogo, per farlo così pervenire all’illustre e giovane dedicatario, il principe di Mantova Vincenzo Gonzaga. La spedizione però viene ritardata, forse per la volontà, da parte dell’autore, di rivedere ulteriormente il testo o per la sua difficoltà a individuare la persona di fiducia. Soltanto in una lettera posteriore, per congettura successiva al luglio del 1581 (Lettere, ed. Guasti, n. 206), scrivendo a Curzio Ardizio, Tasso comunica che il dialogo è ora «ne le mani del signor don Cesare d’Este» e che intende darlo poi a Emilio Leoni perché lo porti al dedicatario. In questa lettera, inoltre, l’autore rivela di essere indeciso se dedicare il dialogo a Vincenzo oppure «ad alcuno del suo sangue», ossia, come emerge da missive coeve, a Ferrante Gonzaga (cfr. Lettere, ed. Guasti, nn. 175, 206, 207. La datazione di queste lettere è congetturale e incerta: in Raimondi 1958, I, pp. 23-25, si segue quanto proposto in Solerti 1892, pp. 77-78, poi rettificato in Tasso 1898-1902, III, p. 532).
Al 1582, con dedica a Vincenzo, risale la princeps del Messaggiero (Venezia, per i tipi di Bernardo Giunti e fratelli; abbr. G). Si tratta di un’edizione che Tasso, almeno ufficialmente, disconosce (si veda, al riguardo, la lettera a Bernardo Giunti del 21 dicembre 1582: Lettere, ed. Guasti, n. 227; ma cfr. le opportune osservazioni svolte in Gigante 2003, pp. 118-130: 124-130) e, ciò nonostante, d’importanza capitale per la storia della fortuna del testo, letto e ammirato in tale versione per quasi tre secoli, quantomeno fino al 1824, quando il dialogo viene pubblicato, sia pure con numerose inesattezze, nell’ultima redazione, quella del 1587. Il testo della stampa giuntina si fonda su due manoscritti autografi, conservati l’uno presso la Biblioteca Arcivescovile di Udine (ms. 107; abbr. U), l’altro (la copia in pulito dell’opera), scoperto nel 1999 da Claudio Gigante, presso la Biblioteca della Fondation Martin Bodmer di Cologny (abbr. MB).
Subito dopo la prima edizione, Tasso intraprende la riscrittura e nell’autunno del 1583 il Messaggiero viene recapitato a Scipione Gonzaga perché sia trasmesso al dedicatario, dopo un’ulteriore revisione dello stesso Gonzaga (cfr. Lettere, ed. Guasti, nn. 256 e 260). Il 7 novembre Scipione scrive al principe inviandogli il dialogo (Solerti 1895, II, n. CLXXI, p. 200; cfr. inoltre ivi, n. CLXXI bis, p. 453 e n. CLXXI ter, p. 454). Non possediamo tale manoscritto (che rappresenta la redazione β), ma alla Biblioteca Apostolica Vaticana (segn. Stamp. Barb. Cred. Tasso 13; abbr. VB) è conservato un esemplare della stampa Giuntina del 1582 (comprensivo del Gonzaga secondo e dei discorsi Della virtù eroica e della carità e Della virtù femminile e donnesca) sul quale Scipione Gonzaga, prima di inviare a Mantova il Messaggiero, trascrive (o fa trascrivere) le correzioni risalenti a questa seconda fase rielaborativa. Tasso, in seguito, entra in possesso del volume e tra il gennaio e il marzo 1587 apporta una serie consistente di modifiche (cfr. Lettere, ed. Guasti, n. 770), corrispondenti alla terza stagione redazionale, depositate sui vivagni del testo a stampa e su carte intercalate. Una volta concluso il lavoro, nell’aprile del 1587 l’autore lo trasmette a Scipione Gonzaga (Lettere, ed. Guasti, nn. 790, 821, 830), in vista di un’edizione complessiva della propria “opera in prosa”, alla quale pensava fin dal 1585 (progetto, tuttavia, mai realizzato). Probabilmente, negli anni successivi, Tasso intendeva rivedere ancora il dialogo, giacché ne richiede una copia a Fabio Gonzaga nella lettera del 25 dicembre 1591 (Lettere, ed. Guasti, n. 1368; e si veda anche ivi, n. 1372, che però, a differenza di quanto si sostiene in Raimondi 1958, I, p. 29, non è indirizzata a Fabio Gonzaga, pur menzionato nella missiva, ma ad Antonio Costantini). In Raimondi 1954, p. 570 si segnala, inoltre, che nell’inventario di libri e testi scritti lasciati dal poeta a Roma nel 1589, partendo per la Toscana, sotto la custodia di don Niccolò degli Oddi (Lettere, ed. Guasti, pp. 312-313), compaiono un «Messaggero [sic], et altri opuscoli» (probabilmente un esemplare di G fornito delle prose prima ricordate) e un «Messaggero [sic], scritto a mano» (forse, come si propone in Gigante 2003, p. 122, MB oppure U).
Sulla base della Giuntina conservata alla Vaticana il testo viene pubblicato nel 1824 da Giovanni Rosini (Pisa, Capurro) e successivamente, nel 1858, da Cesare Guasti (Firenze, Le Monnier), che ripropone l’edizione Rosini. Nel 1958 Ezio Raimondi mette a testo il Messaggiero secondo la fase redazionale più avanzata, dando in apparato le lezioni cassate di γ e quelle di β non accolte dall’autore nell’ultima revisione; nell’Appendice invece, dove si raccolgono Abbozzi, prime redazioni e dialoghi scartati (vol. III), viene pubblicato il testo α sulla base di U, mentre in apparato si trovano le varianti genetiche dell’autografo e sul margine destro quelle evolutive attestate nella Giuntina. Poiché U si interrompe al § 228 (su 269 §§ complessivi), da lì in poi Raimondi risolve la lacuna utilizzando G.- Date di elaborazione
1580-1587
- Testimoni manoscritti
-
- Autographes, Tasso Torquato • Cologny-Genève, Bibliotheca Bodmeriana
- Prima edizione
-
-
Tasso 1582d
= Torquato Tasso, Il Messaggiero dialogo del Signor Torquato Tasso. Al Sereniss. Sign. Vincenzo Gonzaga Principe di Mantova, et di Monferrato, In Venetia, appresso Bernardo Giunti, e fratelli, 1582
(Messaggiero I)
-
Tasso 1582d
= Torquato Tasso, Il Messaggiero dialogo del Signor Torquato Tasso. Al Sereniss. Sign. Vincenzo Gonzaga Principe di Mantova, et di Monferrato, In Venetia, appresso Bernardo Giunti, e fratelli, 1582
- Edizione di riferimento
-
-
Tasso 1958
= Torquato Tasso, Dialoghi, edizione critica a cura di Ezio Raimondi, Firenze, Sansoni, 1958
(vol. II, tomo I, pp. 247-332)
-
Tasso 1958
= Torquato Tasso, Dialoghi, edizione critica a cura di Ezio Raimondi, Firenze, Sansoni, 1958
- Bibliografia
-
- Raimondi 1954c = Ezio Raimondi, Per la storia di un dialogo del Tasso: Il Messaggiero, in «La rassegna della letteratura italiana», LVIII, s. VII, 4, 1954, pp. 569-579
- Baldassarri 1972b = Guido Baldassarri, Fra “Dialogo” e “Nocturnales annotationes”: prolegomeni alla lettura del Messaggiero, in «La rassegna della letteratura italiana», LXXVI, 2-3, 1972, pp. 265-293
-
Gigante 2003
= Claudio Gigante, Esperienze di filologia cinquecentesca. Salviati, Mazzoni, Trissino, Costo, Il Bargeo, Tasso, Roma, Salerno Editrice, 2003
(pp. 118-155)
- Ghidini 2022 = Ottavio Ghidini, Occasioni e allusioni del Messaggiero, in «Studi tassiani», LXX, 2022
- Risorse correlate
-
- 13 lettere di Tasso in cui l'opera è citata
-
1 opera postillata
- Plato 1539 = Barb. Cr. Tass. 46, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana