Il Re Torrismondo
Insieme editoriale: Teatro
Tragedia in cinque atti elaborata a partire da una riscrittura e da un completamento della cosiddetta Tragedia non finita, rimasta allo stato di abbozzo e pubblicata nel 1582.
Il dramma è ambientato nel medesimo scenario nordico del frammento, documentato però con più minuzia da Tasso sulla Historia de gentibus septentrionalibus di Olao Magno per ispessire la filigrana storica. Il nodo della tragedia si concentra sul conflitto tra la libertà delle passioni e delle aspirazioni soggettive (l’amore, la vendetta, ma anche il desiderio di Rosmonda, sorella di Torrismondo, di divenire una guerriera) e le necessità sovraindividuali (l’onore, la ragione di stato); un contrasto vissuto in modo diverso dai personaggi e portato al vertice dal dilemma che tormenta il protagonista Torrismondo, re dei Goti. Torrismondo ha infatti promesso all’amico Germondo, re di Svezia, di chiedere al suo posto la mano della principessa di Norvegia Alvida per poi cedergliela, tentando di superare così le ostilità del padre di lei contro Germondo per aver ucciso il figlio in guerra. All’obbligo per Torrismondo di vendicare questa morte, contratto come pegno nuziale, si aggiunge l’amore nascente per Alvida, ricambiato e consumato durante un naufragio letterariamente tramato da fonti tragiche ed epiche (l’Agamennone di Seneca, l’Eneide, ma anche l’Africa petrarchesca).
Il progetto di far sposare Germondo e Rosmonda, che dovrebbe rompere l’impasse nella quale si trova Torrismondo, è in realtà il fattore che innesca una serie di agnizioni, culminanti nella scoperta progressiva da parte di Torrismondo di essere fratello di Alvida. Il motivo dell’incesto involontario – ulteriore rispetto al dominio della passione amorosa e al vincolo nobile dell’amicizia – avvicina strutturalmente la tragedia tassiana all’Edipo re di Sofocle, elevato dalla Poetica di Aristotele a modello supremo di tragedia. Il paradigma grave di Sofocle, tuttavia è combinato con riprese euripidee (in particolare dall’Ecuba e dall’Ifigenia), che alimentano soprattutto il versante degli affetti. A partire al motivo dell’incesto involontario si sviluppano inoltre la peripezia, ossia la precipitazione verso la catastrofe finale, e l’effetto catartico della tragedia. Il suicidio di Alvida, fedele al proprio sentimento e solo in fin di vita consapevole dell’incesto, seguito da quello di Torrismondo rende evidente la centralità del nodo degli affetti che per Tasso, come ribadito nella dedica al duca di Mantova Vincenzo Gonzaga, è materia della perfetta tragedia.
Meditata sul testo normativo aristotelico e in rapporto con la tradizione tragica, classica e volgare, il Torrismondo realizza un moderno esperimento di tragedia di stile elevato. Suggella questa soluzione espressiva anche la finale riflessione del coro, spazio autoriale per eccellenza, che nel lamento «Che più giova amicizia, o giova amore? / Ahi lacrime, ahi dolore» condensa tanto il nucleo vivo dell’opera, quanto la personale e dolente visione del poeta.
- Struttura
Interlocutori; Atto primo (vv. 1-826); Coro (vv. 827-912); Atto secondo (vv. 913-1457); Coro (vv. 1458-1505); Atto terzo (vv. 1506-1940); Coro (vv. 1941-1999); Atto quarto (vv. 2000-2702); Coro (vv. 2703-2767); Atto quinto (vv. 2768-3307); Coro (vv. 3308-3328).
- Storia del testo
Della ripresa dei lavori attorno all’opera, dopo l’interruzione della Tragedia non finita intorno al 1581-1582, si ha notizia sia dal 25 settembre 1585 in una lettera di Scipione Gonzaga a Luca Scalabrino (Solerti 1895, vol. II, CCVIII, p. 227) sia dal progetto annunciato in una lettera del Tasso a Giorgio Alario (Lettere, ed. Guasti, 450), databile alla fine dello stesso anno. Un’ipotesi di lavoro presto divenuta concreta, se negli ultimi mesi della reclusione ferrarese, scrivendo a Lorenzo Malpiglio, Tasso afferma che la tragedia necessita solo dell’«ultima mano» (ivi, 532).
Sono tuttavia la liberazione nel luglio 1586 e l’approdo a Mantova, che segnano l’avvio di una febbrile attività progettuale e scrittoria, a imprimere una svolta effettiva alla composizione della tragedia, per cui Tasso chiede a più riprese alcuni libri di materia storica (ivi, 632; ivi, 643). La «parte che è fatta» della tragedia, almeno all’altezza del 2 settembre, si trovava però ancora nella stanza di Sant'Anna a Ferrara insieme ad altre scritture (ivi, 642). L’accenno presumibilmente si riferisce al codice autografo, oggi conservato a Londra presso il British Museum (ms. Add. 23778), che almeno in origine era la trascrizione in pulito di un precedente manoscritto sul quale si era depositato il primo lavorio attorno all’abbozzo della Tragedia non finita, per poi divenire presto tormentata copia di lavoro (Martignone 1987, pp. 151-152; 155; Id. 1993, p. XXXVII; sul ms. vd. Russo 2022, p. 381). Tra il settembre e l’ottobre Tasso doveva essere comunque rientrato in possesso dell'autografo (Lettere, ed. Guasti, 670, lettera del 22 ottobre 1586) e l’avanzamento della scrittura va di pari passo con la richiesta delle tragedie di Seneca, di Euripide e di Sofocle in versione latina (ivi, 668; ivi, 682; 683; ivi, 685, nella quale si accenna alla stesura del primo coro; ivi, 689; ivi, 693), tanto che il 30 novembre informava l’amico Antonio Costantini di essere giunto quasi alla fine e di volere donare una copia dell’opera alla principessa di Mantova Eleonora de’ Medici, consorte di Vincenzo Gonzaga (ivi, 701).
Un primo stadio redazionale della tragedia è concluso entro il 14 dicembre 1586, data di invio dell’autografo a Costantini per eseguirne una copia da destinare alla principessa, mentre un’altra promessa a Scipione Gonzaga è rimessa alla disponibilità di Luca Scalabrino (ivi, 707; ivi, 708); anche se Tasso già meditava una piccola addizione di una decina di versi (ivi, 709) e continuava a inviare concieri o a progettare aggiunte nelle settimane successive, sollecitando il lavoro di trascrizione di Costantini (ivi, 714; ivi, 718; ivi, 721; ivi, 727; ivi, 731; ivi, 736; ivi, 741; vd. anche Lettere, ed. Solerti, LXIII).
Il 9 gennaio 1587 Tasso dava riscontro della ricevuta dell’esemplare di dedica della tragedia per la principessa (Lettere, ed. Guasti, 743) e su di esso, in assenza dell’autografo ancora in mano del Costantini per trarre un’altra copia per Scipione Gonzaga e l’ambiente romano (ivi, 801), sono introdotte inserzioni e correzioni nonostante le ridotte disponibilità del codice, in mano a Vincenzo e a Eleonora Gonzaga (ivi, 785; ivi, 794; ivi, 802; Lettere, ed. Solerti, LXX-LXXI).
In questo tempo dall’esemplare di dedica – una volta definito un primo stadio di elaborazione – viene tratta una copia, alla base dell’antigrafo lacunoso dal quale è tratto l’apografo conservato a Torino, Archivio di Stato, I.b.IX (Martignone 1987, pp. 153-154; 163-164). Da una seconda campagna correttiva sul codice donato a Eleonora deriva invece un’altra copia, probabilmente da identificare con il codice n. 163 della Biblioteca Classense di Ravenna (ivi, pp. 153; 164).
Nella primavera del 1587 Tasso ritorna in possesso dell’autografo e riversa alcune delle varianti nel frattempo introdotte, ma in modo non sistematico, aggiungendone tuttavia di nuove (Martignone 1987, pp. 165-167). Tra gli interventi significativi, condotti non appena Vincenzo Gonzaga restituisce il manoscritto al poeta (Lettere, ed. Solerti, LXXV; Lettere, ed. Guasti, 841; ivi, 847; ivi, 866), vi è l’aggiunta della prima scena del quinto atto, modellata sul precedente della Medea di Euripide (Scarpati 1982, pp. 176-179; Martignone 1993, pp. XXXII-XXXIII).
Da tempo erano comunque in corso le trattative con Giovan Battista Licino per la stampa (vd. Lettere, ed. Guasti, 818; ivi, 824; ivi, 837; ivi, 864), che Tasso segue in parte di persona durante un breve soggiorno a Bergamo nella seconda metà di agosto, inserendo ulteriori varianti rispetto all’autografo, che conserva i segni del passaggio in tipografia (vd. Martignone 1987, pp. 167-168). La morte sopraggiunta del duca di Mantova Guglielmo Gonzaga costringe però Tasso a tornare a Mantova e a inviare a Bergamo la lettera dedicatoria al nuovo duca Vincenzo, datata 1° settembre (Lettere, ed. Guasti, 881; ivi, 883).
La stampa in-quarto dell’editio princeps, presso Comin Ventura (Tasso 1587f), viene completata e inviata a Tasso entro il 24 settembre (Lettere, ed. Solerti, LXXVII), data alla quale segue l’invio di correzioni degli errori di stampa e di alcune aggiunte – specie nella terza scena del secondo atto – destinate all’edizione in-ottavo già sotto i torchi dello stesso Ventura. Questa seconda edizione, stampata con dedicatoria del 18 settembre 1587, è recapitata all’autore il 30 settembre (Lettere, ed. Guasti, 886; ivi, 888; ivi, 889; Lettere, ed. Solerti, LXXVIII).
Le varianti, trasmesse per lettera e probabilmente anche attraverso esemplari della princeps postillati da Tasso (ne è parziale documento il postillato di dubbia autografia conservato a Bergamo, Biblioteca Civica “Angelo Mai”, B 5 55, vd. Martignone 1987, pp. 180-183; Id. 1993, p. XXXVIII; Russo 2022, p. 387), giungono troppo tardi per essere accolte nella seconda edizione bergamasca, ma compaiono in successive edizioni pubblicate a Genova, Ferrara e Mantova tra il 1587 e il 1588 (Martignone 1987, pp. 176-179; Gigante 2007, p. 279).
L’ipotesi ventilata da Tasso di una terza edizione bergamasca «in forma grande» (Lettere, ed. Guasti, 888; ivi, 889), mai realizzata, conclude la lunga e complessa vicenda editoriale della tragedia, entro la quale la seconda edizione cominiana (Tasso 1587g) rappresenta l’ultima redazione revisionata e autorizzata dall’autore.
- Date di elaborazione
fine 1585-settembre 1587
- Relazioni
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- deriva da: Tragedia non finita
- Prima edizione
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- Tasso 1587f = Torquato Tasso, Il Re Torrismondo tragedia del Signor Torquato Tasso al Serenissimo Signore Don Vincenzo Gonzaga Duca di Mantova et di Monferrato, etc., In Bergamo, per Comino Ventura et Compagni, 1587
- Edizione di riferimento
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- Tasso 1993b = Torquato Tasso, Il Re Torrismondo, a cura di Vercingetorige Martignone, [Milano-]Parma, Fondazione Pietro Bembo-Ugo Guanda, 1993
- Bibliografia
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- Tasso 1587g = Torquato Tasso, Il Re Torrismondo tragedia del Signor Torquato Tasso al Serenissimo Signore Don Vincenzo Gonzaga Duca di Mantova et di Monferrato, etc., In Bergamo, per Comino Ventura et Compagni, 1587
- Scarpati 1982 = Claudio Scarpati, Sulla genesi del Torrismondo, in «Aevum», LVI, 3, 1982, pp. 407-426
- Martignone 1987 = Vercingetorige Martignone, Per l’edizione critica del Torrismondo di Torquato Tasso, in «Studi di filologia italiana», XLV, 1987, pp. 151-196
- Martignone 1993 = Vercingetorige Martignone, Introduzione; Nota al testo; Nota bibliografica; Nota biografica, in Torquato Tasso, Il Re Torrismondo, a cura di Vercingetorige Martignone, [Milano-]Parma, Fondazione Pietro Bembo-Ugo Guanda, 1993, pp. IX-XXVII; XXIX-XLI; XLIII-XLVI; XLVII-LI
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Gigante 2007
= Claudio Gigante, Tasso, Roma, Salerno, 2007
(pp. 274-289)
- Verdino 2007 = Stefano Verdino, Il Re Torrismondo e altro, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2007
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Confalonieri 2022
= Corrado Confalonieri, Queste spaziose loggie. Architettura e poetica nella tragedia italiana del Cinquecento, Napoli, Loffredo, 2022
(pp. 209-246)
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Russo 2022
= Emilio Russo, Torquato Tasso, in Autografi dei letterati italiani. Il Cinquecento. III, a cura di Matteo Motolese, Paolo Procaccioli, Emilio Russo (con la consulenza paleografica di Antonio Ciaralli), Roma, Salerno, 2022
(pp. 381; 387)
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Verdino 2023
= Stefano Verdino, Il teatro, in Tasso, a cura di Emilio Russo e Franco Tomasi, Roma, Carocci, 2023, pp. 57-79
(pp. 68-78)
- Risorse correlate
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- 64 lettere di Tasso in cui l'opera è citata