Dell’ufficio del siniscalco

Insieme editoriale: Trattati, discorsi, orazioni

La scelta di parlare «in persona d’un siniscalco eccellentissimo», adottando un punto di vista interno alla categoria da trattare, distingue per tipologia di soluzione argomentativa questo testo dagli altri discorsi tassiani.

Nel ragionamento condotto da Tasso, la nobiltà della mansione ricoperta dal siniscalco è comprovata dalla sua pertinenza all’arte del ben vivere – da sempre oggetto di indagine filosofica –, avendo come primario obiettivo quello di sovraintendere ai conviti (dal latino convivium, derivato di convivere), ovvero ai momenti di vita condivisa fondamentali in una comunità. Per questa funzione il siniscalco è colui che fa da regista nei ricevimenti cortigiani, curando la scelta delle vivande, l’ordine delle portate, la ricchezza degli apparati, ma che ha anche il compito di regolare la piacevolezza delle conversazioni e di garantire un clima sereno. Nella figura e nell’ufficio del siniscalco, dunque, sono riunite tanto le doti organizzative quanto un insieme di virtù (affabilità, vigilanza, discrezione) e di conoscenze che spaziano dalle scienze naturali ai costumi civili, strettamente orientate alla magnificenza della corte.

In questo quadro, Tasso attribuisce all’arte del siniscalco una nobiltà superiore a quella del segretario, del diplomatico e del consigliere in quanto dal buon esercizio della sua professione nascono relazioni vere, non costrette da cerimonie, da questioni di onore o di stato. Anche a margine di un elogio della dignità del siniscalco, rispettoso delle convenzioni di un genere diffuso nel Cinquecento, emerge qui un bilancio sulle dinamiche cortigiane, caratterizzate da un’ipocrisia che viene meno solo dinanzi alla semplicità – seppure splendida – di una tavola imbandita.

Storia del testo

Il discorso, del quale non sono rimaste testimonianze manoscritte (Minesi 1985, pp. 134-135), faceva parte probabilmente dell’insieme di rime, dialoghi e discorsi consegnati, parte in originale e parte in copia, da Tasso a Giovan Battista Licino (Lettere, ed. Guasti, 500; ivi, 511; ivi, 573).

Senza ricevere un’ultima revisione d’autore prima della pubblicazione, il testo è stampato nella sezione Dialoghi et discorsi del sig. Torq. Tasso (Tasso 1586b), avente propria numerazione, legata alla Parte quarta delle Rime e prose edita per le cure di Licino a Venezia nel 1586 (ivi, 486; ivi, 503).

Date di elaborazione

1586


Prima edizione
  • Tasso 1586b = Torquato Tasso, Dialoghi et discorsi del Sig. Torq. Tasso. In diverse materie. Nuovamente posta in luce, in Torquato Tasso, Delle Rime et Prose del Sig. Torquato Tasso. Parte quarta. Di nuovo posta in luce, con gli Argomenti dell’istesso Autore, In Venetia, appresso Giulio Vasalini, 1586
    (pp. [196]-201)

Edizione di riferimento
  • Tasso 1875 = Torquato Tasso, Le prose diverse di Torquato Tasso nuovamente raccolte ed emendate da Cesare Guasti, Firenze, Successori Le Monnier, 1875
    (vol. II, pp. 235-237)
Edizione del testo in preparazione

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