Apologia in difesa della «Gerusalemme liberata»

Insieme editoriale: Scritti teorici

Scritta per rispondere alle polemiche attorno alla superiorità della Gerusalemme liberata sull’Orlando furioso, accese dal dialogo Il Carrafa o vero della epica poesia di Camillo Pellegrino (1584) e alimentate dalla Stacciata prima firmata dagli Accademici della Crusca (1585), l’Apologia si apre con un discorso in difesa del poema del padre Bernardo, l’Amadigi, aspramente criticato dagli accademici fiorentini.

In questa prima parte del testo, Tasso difende la scelta paterna di comporre un poema di più azioni, giustificandola sotto la forma di ubbidienza al dovere cortigiano: legittima deroga, quindi, a un principio di unità d’azione sperimentato come incompatibile con il diletto ricercato dal pubblico di corte. L’Amadigi, che sarà definito da Lionardo Salviati un’«appiccatura di molti corpi» nella violenta Risposta all’Apologia (1585), per Torquato è al contrario caratterizzato da un’unità che riposa nell’elocuzione, in una ricchezza di ornamenti poetici tale da rivestire anche i poemi più scarni di Pulci e Boiardo. L’eccellenza dell’Amadigi è sancita dal paragone con il Furioso, condotto limitatamente all’aspetto del decoro nella trattazione degli amori, per dimostrare come Bernardo sia degno di essere lodato al pari di Ariosto e di essere considerato suo «compagno nella poesia».

La difesa della Liberata, che costiuisce la seconda parte dello scritto, prende invece le forme di un dialogo tra il Forestiero Napolitano – maschera platonica di Tasso –, il canonico ferrarese Vincenzo Fantini e il suo segretario; una scelta di derivazione ciceroniana che consente la ripresa e il sovvertimento delle opposizioni fatte dai Cruscanti. Le questioni toccate sono le stesse con le quali Tasso si era misurato durante la cosiddetta «revisione romana» della Liberata, a partire dal rapporto cruciale nella favola del poema tra verità e finzione. All’opinione dei Cruscanti in merito al fondamento della poesia sulla sola invenzione – argomento usato per sostenere la superiorità della materia favolosa del Furioso sull’argomento storico della prima crociata della Liberata –, Tasso risponde ancorando la poesia alla storia, poiché il «falso» ha «nel vero ogni fondamento». Ampio spazio è poi riservato a rispondere alle critiche mosse contro lo stile e le scelte linguistiche della Liberata, il primo giudicato inadeguato all’epica – complici «la durezza e l’oscurità» del dettato tassiano – e le seconde lontane dalla chiarezza della lingua toscana.

Obbligato a difendere un poema che non leggeva da «dieci anni», non giunto all’«ultima perfezione» e circolante in edizioni non controllate dall’autore, Tasso si sofferma nell’ultima sezione sui versi contestati e chiude il testo con una nota sul valore dell’allegoria. Una posizione quest’ultima che segna un punto di passaggio nella maturazione del pensiero teorico di Tasso verso la concezione di una poesia che, nascondendo un senso profondo sotto l’apparenza di finzione, prende sempre più il corpo della verità.

Struttura

A una prima sezione in prosa, che assume le forme di un discorso in difesa dell’Amadigi di Bernardo Tasso, segue il dialogo tra il Forestiero Napolitano, Vincenzo Fantini e il suo segretario sulle opposizioni mosse alla Gerusalemme liberata.

Storia del testo

La composizione dello scritto segue la pubblicazione, a breve distanza, de Il Carrafa o vero della epica poesia di Camillo Pellegrino (pubblicato con dedicatoria datata all’11 novembre 1584) e della Stacciata prima degli Accademici della Crusca (edita con dedica del 16 febbraio 1585). Si tratta di due scritti che avevano preso differente posizione sulla questione della superiorità della Gerusalemme liberata sull’Orlando furioso: Pellegrino, da un lato, si era espresso a favore dell’epica regolare di Tasso, riconoscendo ad Ariosto una preminenza nella chiarezza espressiva; gli Accademici della Crusca guidati da Lionardo Salviati, dall’altro, avevano sostenuto la supremazia del poema ariostesco, criticando soprattutto la durezza espressiva tassiana (vd. Gigante 2007, pp. 215-221).

Venuto in possesso di una copia della Stacciata prima, procuratagli da Vincenzo Fantini tra il febbraio e il marzo del 1585 (Tasso 1959, p. 427), Tasso si dedica alla scrittura di una replica alle opposizioni degli accademici fiorentini, che viene completata rapidamente in soli «cinque giorni» (Lettere, ed. Guasti, 352, lettera del 18 marzo 1585).

Nella prima metà di maggio il testo era già pronto per la stampa e Tasso ne dava notizia in due lettere dirette a Luca Scalabrino (Lettere, ed. Solerti, XXXIX bis, del 7 maggio 1585; Lettere, ed. Guasti, 367) e in una a don Angelo Grillo con la promessa dell’invio di una copia (ivi, 374, del 13 maggio; vd. inoltre il giudizio positivo di Grillo sull’opera registrato ivi, 406, del 10 agosto).

Ancora il 21 giugno Tasso sollecitava per lettera Luca Scalabrino, chiedendogli di sovrintendere insieme a Giovan Battista Licino alla stampa dell’opera (ivi, 391), che sarà pubblicata a Ferarra presso Cagnacini con lettera di dedica di Tasso al principe di Molfetta Ferrante Gonzaga datata al 20 luglio 1585 (Tasso 1585b).

Al momento non sono noti testimoni manoscritti dell’opera (Minesi 1984, p. 133), ma la princeps nasce con il consenso di Tasso e con materiale in parte da lui stesso fornito, seppure senza un controllo diretto dell’autore sull’intera operazione. La stessa considerazione si può estendere alle lettere contenute nel medesimo opuscolo, correlate alla discussione sulla Liberata, la cui prima edizione è da considerare autorevole in quanto «è presumibile che il testo preparato dal poeta sia stato rispettato dagli editori» (Resta 1957, p. 75). Avvalora questa ipotesi il fatto che Tasso, mentre la stampa è in corso, segnali una correzione da apportare a un «foglio giunto», contenente la risposta al quinto dei dubbi sulla Liberata allegati alla lettera a Curzio Ardizio (Lettere, ed. Solerti, XLI bis; Lettere, ed. Guasti, 343). In un’altra lettera, infine, Tasso esprimeva il desiderio che si ristampasse un foglio dell’Apologia dove si trattava «una opinione» del padre Bernardo (ivi, 403), mostrando la volontà di una revisione puntuale del testo.

Date di elaborazione

marzo-luglio 1585


Prima edizione
  • Tasso 1585b = Torquato Tasso, Apologia del Sig. Torquato Tasso. In difesa della sua Gierusalemme liberata. Con alcune opere, parte in accusa, parte in difesa dell’Orlando furioso dell’Ariosto, della Gierusalemme istessa, e dell’Amadigi del Tasso padre, In Ferrara, appresso Giulio Cesare Cagnacini, et Fratelli, 1585
    (cc. A1r-G4r)

Edizioni di riferimento
  • Tasso 1875 = Torquato Tasso, Le prose diverse di Torquato Tasso nuovamente raccolte ed emendate da Cesare Guasti, Firenze, Successori Le Monnier, 1875
    (vol. I, pp. 309-390)
  • Tasso 1959 = Torquato Tasso, Prose, a cura di Ettore Mazzali, Milano-Napoli, Ricciardi, 1959
    (pp. 410-485)

Bibliografia
  • Resta 1957 = Gianvito Resta, Studi sulle lettere del Tasso, Firenze, Le Monnier, 1957
    (p. 75)
  • Baldassarri 1979b = Guido Baldassarri, L'Apologia del Tasso e la «maniera platonica», in Letteratura e critica. Studi in onore di Natalino Sapegno, a cura di Walter Binni et al., Roma, Bulzoni, 1974-1979, vol. IV, 1979, pp. 223-251
  • Minesi 1984 = Emanuela Minesi, Indagine critico-testuale e bibliografica sulle Prose diverse di T. Tasso, in «Studi tassiani», XXXII, 1984, pp. 123-146
    (p. 133)
  • Molinari 2003 = Carlo Molinari, Torquato Tasso e l'«eccesso de la verità», in Sul Tasso. Studi di filologia e letteratura italiana offerti a Luigi Poma, Roma-Padova, Editrice Antenore, 2003, pp. 451-509
  • Gigante 2007 = Claudio Gigante, Tasso, Roma, Salerno, 2007
    (pp. 215-221)

Risorse correlate
Edizione del testo in preparazione

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