Tassiana L.4.2 Bergamo, Biblioteca Civica Angelo Mai

Quella, che trasse già d’oscura parte

Vere fur queste gioie e questi ardori

Mentre adorna costei di fiori e d’erba

Occhi miei lassi, mentre ch’io vi giro

De la vostra bellezza il mio pensiero

Donna, crudel fortuna a me ben vieta

Pensier che mentre di formarmi tenti

Stavasi Amor quasi in suo regno assiso

D’onde ne vieni o cor timido e solo

Dopo così spietato e lungo scempio

Era aspro e duro, a sofferir sì lunge

Ben veggio avinta al lido ornata nave

I freddi e muti pesci usati homai

Palustre valle et arenosi lidi

Passa la nave mia, che porta il core

Mentre soggetto al tuo spietato regno

Quanto in me di feroce e di severo

Queste hor cortesi et amorose lodi

Qual più rara e gentile

Quel generoso mio Guerriero interno

Come vento ch’in sé respiri e torni

L’aura del vostro lauro in queste carte

Amor col raggio di beltà s’accende

È vostra colpa, Donna, o mia sventura

Vaghe Ninfe del Po, Ninfe sorelle

Non è d’Arabia peregrina pianta

In queste dolci et amorose rive

O bella man, che nel felice giorno

Perché tormenti il tormentoso petto

Già difendeste con ramose braccia

L’Incendio, onde tai raggi uscir già fore

Dal vostro sen, qual fuggitivo audace

Quel puro ardor, che da i lucenti giri

Geloso amante apro mill’occhi e giro

O ne l’amor, che mesci

Su l’ampia fronte il crespo oro lucente

Nudo era il viso, a cui s’agguaglia in vano

D’aria un tempo nudrimmi, e cibo e vita

Aprite gli occhi, o gente egra mortale

Ch’il pelago d’Amor a solcar viene

Facelle son d’immortal luce ardenti

Padre del Cielo, hor ch’atra nube il calle