Lettera n. 33

Mittente
Tasso, Torquato
Destinatario
Scalabrino, Luca
Data
[7 giugno 1575]
Luogo di partenza
Ferrara
Luogo di arrivo
Roma
Lingua
italiano
Incipit
Altro ch'il signor Piero a cui per eccellenza si convenisse il nome di Strozza
Regesto

Tasso si dice confuso relativamente all’identità di uno Strozzi che evidentemente il corrispondente gli aveva nominato in una lettera precedente, ammettendo di avere molti amici con questo cognome tra Venezia, Mantova e Ferrara, e scherzando sulla possibilità che non possano essere Piero Strozzi o il conte Palla (Strozzi). Paradossalmente, con essi avrebbe potuto parlare lo Scalabrino, come «co 'l signor Scipione Ruggero»: trattasi di una defaiance del corrispondente, poiché il Tasso garantiva di aver visto il Ruggero ogni giorno in Ferrara, proprio negli stessi mesi in cui Scalabrino affermava di averlo visto in Roma. Lo Scalabrino doveva quindi aver confuso i personaggi: «chi volete che v'intenda», scrive Tasso, «s'ora scambiate i nome, ora gli tacete?». Il poeta ipotizza infine che Scalabrino volesse riferirsi a tale Ascanio invece che a Scipione Ruggero, ma non sa fare ipotesi sullo Strozzi. Viene citato tale Giulio (per Guasti è Giulio Coccapani, fratello di Guido, fattore generale del duca ferrarese) definito ironicamente quale «messo fedele» perché si sarebbe divertito a rompere i sigilli e ad aprire le lettere da recapitare. La seconda parte della missiva si fa più personale: se non fosse per il buonissimo vino donatogli dal duca (di Ferrara, Alfonso II d’Este), Tasso scrive che «sputerei fele ed aloè», suscitando così l'ilarità della «Signora Lucrezia (probabilmente Lucrezia d'Este) e il Signor Palla». Tasso chiude la lettera alludendo al «timore» che lo Scalabrino avrebbe nei suoi confronti al momento di avanzargli qualche avvertimento sulla sua Gerusalemme Liberata: il poeta lo invita piuttosto a parlare liberamente, non interessandogli la cieca e vuota adulazione e non avendogli mai dato occasione di pensare diversamente. Di particolare rilevanza il postscriptum: Tasso informa di aver fornito il canto XI a Scipione Gonzaga e auspica che questi spieghi agli altri revisori che «in questa prima revisione io attendo più a le cose ed a riempire i vòti» che al «suono», per il quale il poeta pensa persino ad una seconda fase correttoria.

Testimoni
  • Bergamo, Biblioteca civica Angelo Mai e Archivi storici comunali, Cass. 6.15, lettera n. 58, 82r-v
    Copia, manoscritto di altra mano.
    Unità di manoscritto composito.
    Indirizzo presente.
  • Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Palatino 223, lettera n. 7, cc. 13-15
    Copia, manoscritto di altra mano.
    Manoscritto.
    Lettera firmata, indirizzo presente.
    Note: Alla c. 15, all'altezza della prima riga, in corrispondenza di «vino preziosissimo», si nota sul margine destro una manicula. Alla c.13, vostra, a finale cass. Alla c.14, sputerei, «u» sopr. a «a» Alla c.15, scrivermi sopr. a «scrivere»
Edizioni
Bibliografia
  • Serassi 1790 = Pietrantonio Serassi, Vita di Torquato Tasso, Bergamo, Locatelli, 1790, I, p. 258
  • Resta 1957b = Gianvito Resta, Studi sulle lettere del Tasso, Firenze, Le Monnier, 1957, p. 176
Opere citate

Gerusalemme liberata

Nomi citati

Scheda di Martina Caterino | Ultima modifica: 15 febbraio 2024
Permalink: https://www.torquatotasso.org/lettere/33