Lettera n. 244

Scrivendo a Girolamo Mercuriale per un consulto medico, Tasso riflette sulla sua condizione di malato: pur essendo consapevole di essere infermo da alcuni anni, egli non conosce la sua malattia, ma sospetta «d’esser stato ammaliato». Descrive dunque i sintomi del suo malessere, elencando prima quelli prettamente fisici, quali «rodimento d’intestino con un poco di flusso di sangue, tintinni ne gli orecchi e nella testa», poi concentrandosi sull’«imaginatione continua di varie cose et tutte spiacevoli», che lo tormenta a tal punto da non consentirgli di impegnarsi nello studio. Egli infatti più cerca di applicarsi più viene distratto «da varie imaginationi e qualche volta da sdegni grandissimi», che si muovono nella sua mente. Questi turbamenti psichici lo affliggono soprattutto dopo aver mangiato, quando la testa si surriscalda e la mente genera allucinazioni di voci umane, ed egli ha come la sensazione che le cose inanimate parlassero. Tale condizione si ripete nel corso della notte: mentre sogna in modo agitato, Tasso immagina di udire voci reali, che gli causano turbamenti nella fede religiosa, visto che egli ha sentito il bisogno di parlarne con il cappuccino Marco da Ferrara, latore della lettera, ma anche con altri frati e uomini laici. Essendo questo suo malessere molto forte, Tasso è in cerca di una cura altrettanto potente. Se da un lato confida nell’aiuto di Dio, quale rimedio maggiore fra tutti, dall’altra è consapevole di aver bisogno anche di un aiuto terreno, che proviene dalla cura dei medici. Per tale ragione egli prega Mercuriale di aiutarlo a guarire o quantomeno di fornirgli una diagnosi, esprimendo il suo parere. In cambio Tasso promette al medico di utilizzare quel poco ingegno che gli rimane per comporre un’opera che lo ricompensi per l’aiuto prestatogli. Vorrebbe poi conoscere anche il parere del medico Melchiorre Guilandino e chiede di essere raccomandato a Giovan Vincenzo Pinelli, al quale resta molto affezionato per la lunga amicizia.