Lettera n. 1253

Tasso scrive a Maurizio Cataneo della cortesia del granduca (di Toscana, Ferdinando I de' Medici) che ha vinto quella di qualsiasi altro: la bontà del granduca stesso non ha superato tuttavia la malignità della fortuna del poeta. In ogni caso, Tasso non potrebbe aver milgiore rifugio della «providenza», per cui supplica il cardinale (Gerolamo) Albani – o qualche altro cardinale per lui – di condurlo metaforicamente dalle turbolenze del mare alla quiete del porto. Prega il corrispondente di essergli favorevole in ogni occasione perché non venga «defraudato» delle speranze che nutre e della grazia del granduca mediceo. Dopo aver steso un breve elogio di quest’ultimo – «che in ogni sua azioni dimostra chiaramente d'essere stato instrutto al regnare», conservando tutta l'umanità «che dimostrava da cardinale» – Tasso chiude la missiva sostenendo che la cortesia di Ferdinando I gli abbia fatto quasi dimenticare le sue sciagure. Infine prega il corrispondente di supplicare il cardinale Albani affinché gli sia «liberale del suo favore e de le raccomandazioni», quindi perché gli procuri il permesso di andare «ai bagni» scrivendo al granduca di Toscana, all’arcivescovo di Pisa (Carlo Antonio dal Pozzo) o al vescovo di Arezzo (Pietro Usimbardi).