Lettera n. 104

Mittente
Tasso, Torquato
Destinatario
Barile, Giovan Battista
Data
[20 luglio 1578]
Luogo di partenza
Pesaro
Luogo di arrivo
Venezia, San Cassiano (Venezia)
Lingua
italiano
Incipit
Sono in Pesaro, ove se bene sono stato raccolto amorevolissimamente
Regesto

Tasso si trova a Pesaro e, seppure accolto con benevolenza dal duca di Urbino e trattato con gentilezza da tutti, vive con inquietudine, perché gli sembra che le persone comunichino solo a gesti (dunque in maniera non esplicita). Dal momento che, essendo un animale razionale, Tasso è in grado non solo di parlare, ma di farlo in maniera appropriata, non vuole esprimersi come una «bestia muta». Non è sufficiente per lui la comunicazione orale; il poeta preferisce affidare i suoi «concetti» alle carte per raggiungere così i contemporanei e i posteri, e lo farà se ciò non gli verrà impedito dall'ingiustizia, dalla malignità e dall'invidia. Senza l'aiuto altrui non può superare, tuttavia, l'ostacolo dell'ingiustizia e dell'«invida malignità». Ricorre dunque all'aiuto dei suoi «bergamaschi», e prega il destinatario e tutta la città con lui. Tasso sente di appartenere alla città di Bergamo, che non dovrebbe rifiutarlo; dovrebbe anzi trattarlo come un figlio (e non come un figliastro), e se lo giudicasse straniero di nascita e di origine (rifiutandolo dunque esplicitamente, sottintende qui il poeta) compirebbe un atto meno vergognoso del dirsi madre o avola comportandosi invece da matrigna. E se alcuni letterati greci o stranieri ottennero la cittadinanza romana, nel periodo di massimo splendore della città, sarebbe giusto per Tasso ottenere la cittadinanza bergamasca, al servizio di Venezia. Con due interrogative dirette il poeta riflette sulla maggiore opportunità delle suppliche rispetto al tentativo di convincere razionalmente del destinatario. Chiede di trovare protezione a Bergamo, e che ad occuparsi della questione siano Ercole Tasso e suo fratello Cristoforo. La ragionevolezza della domanda non distoglierà Tasso dai propri obblighi, se riuscirà a non restare escluso dalla «ragione de le genti e da le leggi de l'umanità». Tasso elenca poi una serie di figure e di città da cui avrebbe volentieri ricevuto lo stesso favore (i duchi di Urbino, di Ferrara, di Mantova e di Parma, i cardinali legati a loro da parentela o amicizia, forse Giovan Girolamo Albani, Filippo d'Este, Scipione Gonzaga, Ferdinando de' Medici, a cui è presente un cenno in Tasso 1852-1855 num. 114). Il poeta scrive poi che, non potendo abitare in Toscana, a Urbino, a Bergamo, a Venezia, a Parma, a Mantova o a Ferrara vivrà forse a Roma o in un altro luogo, ma non in Spagna, troppo distante, troppo costosa e abitata da uomini crudeli. Considererà la Spagna, Costantinopoli, il Catai e il Perù come posti non eccessivamente lontani se in Italia non troverà una forma di pietà o di giustizia.

Testimoni
  • Milano, Biblioteca Ambrosiana, R 124 sup., lettera n. 4, cc. 76r-77r
    Copia, manoscritto di altra mano.
    Manoscritto.
Edizioni
Bibliografia
  • Resta 1957b = Gianvito Resta, Studi sulle lettere del Tasso, Firenze, Le Monnier, 1957, p. 202n
  • Ferro 2018 = Roberta Ferro, Torquato Tasso in Ambrosiana: i materiali del fondo cinque-secentesco, in Carte e immagini di Torquato Tasso, a cura di Marco Ballarini e Francesco Spera, con la collaborazione di Stefania Baragetti, Milano, Biblioteca Ambrosiana, 2018, pp. 71-92
Nomi citati

Scheda di Chiara De Cesare | Ultima modifica: 16 febbraio 2024
Permalink: https://www.torquatotasso.org/lettere/104