Lettera n. 595

Tasso scrive alla sorella Cornelia lamentandosi per le cattive notizie che ogni giorno gli sono trasmesse: in particolare gli è stata confermata dal signor Sebastiano Canella, al quale aveva consegnato una missiva per Cornelia, la ristampa del poema (Gerusalemme liberata). Il poeta dichiara che non vorrebbe «cederne altrui alcuna parte de l'utile» e si rammarica di non poter mettere mano al poema. Prega dunque la sorella di intervenire presso i principi nel Regno di Napoli vassalli del duca di Savoia (Emanuele Filiberto) cosicché quest'ultimo non conceda i suoi privilegi per la stampa. Lo stesso ufficio vorrebbe fosse fatto con il governatore (Carlo d'Aragona Tagliavia) e il senato di Milano. Informa poi che Scipione Gonzaga gli ha promesso il privilegio di «Sua Maestà Cesarea» (l'imperatore Rodolfo II d'Asburgo). Ribadisce alla sorella la richiesta di trovare qualche principe che possa almeno scrivere una missiva al duca di Savoia. Conclude scrivendo che il privilegio di stampa a Roma appartiene a Sua Beatitudine (forse Gregorio XIII, considerando che la lettera, in cui viene menzionata la ristampa del poema, verosimilmente appartiene ai primi anni '80): il poeta potrebbe pregare il duca di Bracciano (Virginio Orsini) o il signor Giacomo Buoncompagni, ma non vuole recare fastidio e perciò lascia che se ne occupino altri.