I

Questo primo sonetto è quasi propositione de l'opera ne la quale il Poeta dice di meritar lode d'essersi pentito tosto del suo vaneggiare, et essorta gli amanti co 'l suo essempio, che ritolgano ad Amore la signoria di se medesimi.

Vere fur queste gioie e questi ardori
Ond'io piansi e cantai con vario carme,
Che poteva agguagliar il suon de l'arme
4E de gli heroi le glorie e i casti amori.
E se non fu de' più ostinati cori
Ne' vani affetti il mio, di ciò lagnarme
Già non devrei, che più laudato parme
8Il ripentirsi, ove honestà s'honori.
Hor con gli essempi miei gli accorti amanti,
Leggendo i miei diletti e 'l van desire,
11Ritolgano ad Amor de l'alme il freno.
Pur ch'altri asciughi tosto i caldi pianti,
Et a ragion tal volta il cor s'adire,
14Dolce è portar voglia amorosa in seno.

  • 1a. «Vere fur queste gioie»: cioè questi piaceri, o questi diletti. E «veri» son quelli (come scrisse PLATONE nel Filebo) de' quali si nutriscono i buoni, perciochè gli huomini malvagi si rallegrano dei falsi piaceri ch'imitano i veri, ma in un modo degno di riso. Si dee ciò nondimeno intender del nutrimento de l'animo e de l'intelletto, ch'è quella ambrosia de la quale favoleggiano gli antichi poeti.
  • 1b. «questi ardori»: [cioè] «questi amori», imperochè l'amore è chiamato «fuoco» e «fiamma». E dice il Poeta che gli amori suoi sono stati veri, per dimostrar che 'l vero amore, o i veri amori, sono il vero soggetto del poeta lirico, come scrive il PETRARCA nelle sue Epistole latine. Tuttavolta intorno ad esso favoleggia, non altrimenti che faccia l'Epico, come fa il medesimo autore in molti suoi componimenti, e particolarmente ne la canzona de le trasformationi, et in quella «Standomi un giorno solo a la fenestra» et un quell'altra «Tacer non posso, e temo non adopre», nè meno ch'in alcuna altra ne la canzona ov'egli fa citare Amore avanti la Ragione, Ma il soggetto amoroso in tutto falso è proprio del comico poeta: laonde molte s'ingannavano coloro che portavano opinione che 'l Poeta non fosse acceso di Laura.
  • 2. «Ond'io piansi e cantai»: il cantare e 'l piangere sono effetti d'Amore convenevolissimi al poeta lirico. Il quale gli accoppia insieme come il PETRARCA, dicendo «Del vario stile in ch'io piango e ragiono». E 'l BEMBO: «Piansi e cantai lo stratio, e l'aspra guerra» o gli divide come il PETRARCA «I' piansi, hor canto» et «Cantai, hor piango».
  • 3. «Che poteva agguagliare il suon de l'arme»: ha risguardo a quel detto di QUINTILLIANO nel giudicio ch'egli fa di Stesichoro: «Stesicorum quam sit ingenio validus materiae quoque ostendunt maxima bella, Et clarissimos canentem Duces, et epici carminis onera lira sustinent». E conforme a questa è l'opinione di DANTE ne la Volgare Eloquenza, che l'arme siano soggetto ancora de la canzona.
  • 5. «E, se non fu de' più ostinati»: ne l'amor concupiscibile non può essere costanza, ma ostinatione. Ma l'amore, il quale è habito nobilissimo de la volontà, come dice s[an] TOMASO ne l'Operette, è costante nel ben che si propone per oggetto.
  • 8. «Ove honestà s'honori»: ne le corti de gli ottimi Principi.
  • 9. «Hor con l'essempio mio»: dimostra il fine che si dee preponer il poeta ne lo scrivere e nel publicare le sue poesie.