Rime estravaganti

Insieme editoriale: Rime

L’ampio corpus delle cosiddette Rime estravaganti è costituito da «tutto ciò che non rientra nei progetti di selezione, organizzazione e pubblicazione dei materiali elaborati dal Tasso nei diversi momenti della propria vicenda letteraria» (Martignone 1999, p. 333). In altri termini, include tutti i componimenti lirici tassiani giunti fino a noi che non rientrano nelle seguenti raccolte d’autore: le Rime eteree (1567); il Codice Chigiano (1583-1585); le Rime. Prima raccolta estense e le Rime. Seconda raccolta estense, quaderni di lavoro confezionati tra il 1586 e il 1587; le Rime. Parte prima (1591); le Rime. Parte seconda (1593); le Rime. Parte terza. A questo elenco, come ha puntualizzato Massimo Castellozzi (2013, p. 65), vanno aggiunte almeno altre tre sillogi manoscritte, tappe importanti per la sistemazione delle poesie tassiane: i codici F1 (Ferrara, Ariostea Classe II 473, contenente i versi Alle Signore Principesse di Ferrara); Piat (oggi perduto), il cui rapporto con il manoscritto ferrarese per le principesse è analizzato da Ranzani 2002; e l’autografo A4 (Milano, Ambrosiana, F 201 inf.), ascrivibile al 1589 (su questo vd. Castellozzi 2009-2010).

La mole di rime che compone il repertorio delle estravaganti è decisamente corposa: nel totale si contano poco più di ottocento poesie, di largo ventaglio metrico e tematico, con una prevalenza encomiastica e occasionale. Eppure, alcune si distinguono anche per un timbro insolito, del tutto estraneo all’orizzonte mediano dell’esperienza lirica tassiana. Si tratta di un numero circoscritto di testi, il cui carattere bizzarro non fa sistema nel repertorio del poeta, ma è capace se non altro di destare qualche interesse: è il caso, per esempio, di un dittico burlesco in lode delle gatte di Sant’Anna (nn. 980-981) oppure di un sonetto in omaggio «ad un buffone del duca Alfonso II» (n. 979), di registro comico.

Ad oggi, i testimoni delle disperse tassiane sono circa duecento (Castellozzi 2013, pp. 67-68, a cui si rinvia per maggiori dettagli): centocinquanta edizioni a stampa, e sessantuno manoscritti (di cui dieci autografi), fra i quali spicca per importanza il ms. Bologna, Biblioteca Universitaria, 1072 XII, «testimone di sicuro peso per le disperse durante gli anni della reclusione e delle stampe selvagge di rime» (Castellozzi 2013, p. 71). A questi, sottolinea Castellozzi (2013, p. 78), si devono affiancare anche cinque postillati delle Rime tassiane, edite fra il 1581 (Venezia, Manuzio) e il 1583 (Venezia, Vasalini): Brn (Bergamo, Angelo Mai, Tass. A.10.35), annotato nel 1585 da Biagio Bernardi (De Maldé 1983a); Amz (London, British Library, G. 10772), con glosse di Aldo Manuzio il Giovane (De Maldé 1983b); Ar (studiato da De Maldé 1978b), trascrizione di Marcantonio Foppa delle annotazioni di Orazio Ariosto al postillato tassiano Ts1, conservato presso Milano, Ambrosiana S.P.22; Ts2 (Roma, Angelica, Aut.I.24), con note tassiane.

Questi componimenti, pur dalla tradizione frastagliata, hanno il merito innanzitutto di attestare la spiccata produttività lirica di Tasso, particolarmente rigogliosa soprattutto a partire dal periodo della prigionia a Sant’Anna. In più, il corpus riserva ragioni di interesse storico e culturale, in quanto contribuisce a gettare luce su diverse fasi della vita del poeta. Ad esempio, fra le disperse si annoverano i versi d’esordio del giovane Tassino (nn. 505-507), redatti in morte di Irene di Spilimbergo (m. 1559), giovane nobildonna friulana molto apprezzata sulla scena veneziana di metà sedicesimo secolo (un’analisi in Corsaro 1998); ma, viceversa, fra le disperse si registrano pure componimenti legati all’ultima stagione tassiana, di cui si può ricordare, a titolo esemplificativo, il sonetto Perché a le piaggie ove ’l Sebeto inonda (n. 828), indirizzato all’ambasciatore di Toscana Orazio Urbani e da leggere in relazione agli «esiti della polemica con la Crusca» (Baldassarri 2000, p. 194; per le tensioni di Tasso con l’Accademia si veda Biografia). Al regesto delle Estravaganti appartengono anche numerosi versi amorosi, esclusi dal canzoniere Osanna per ragioni tutte da sondare: in alcune di queste rime si avvertono eruditi spunti filosofici (si veda il ciclo di madrigali nn. 263-270, indagati da Accardi 2017), altre hanno goduto di una ricezione musicale degna di nota, come il madrigale n. 290, la cui fortuna è stata esaminata da Ritrovato 2004.

Non esiste, ad oggi, un commento d’insieme delle estravaganti tassiane, complice la varietà delle occasioni compositive, l’esteso arco cronologico interessato dai testi, nonché la necessità di ripercorrere la distinta tradizione di ognuno dei componimenti. È pertanto necessario affidarsi, per ora, ad affondi esegetici puntuali su singole poesie; vari spunti in questo senso si leggono in Baldassarri 1999b e 2000. All’interno del piano di edizioni delle liriche tassiane pianificato dalla scuola pavese, quella delle Rime estravaganti, affidata alle cure di Vercingetorige Martignone, dovrebbe costituire l’ultimo volume della serie. L’edizione prevede anche un’appendice di poesie dubbie, dunque di poesie assegnate alla mano di Torquato Tasso, ma la cui paternità non è da ritenersi sicura (Martignone 1999, p. 339).

Struttura

Serie non lineare di circa ottocento componimenti.

Storia del testo

Nel corso della propria vita, e fin dalla giovinezza, Torquato Tasso scrive numerosissimi componimenti: fra questi, però, solo una piccola parte è allestita in raccolte tematiche d’autore, «la maggioranza (appunto le ‘disperse’) resta affidata a una circolazione varia ed estemporanea, in codici miscellanei, in raccolte manoscritte, in stampe non autorizzate o quantomeno passivamente accettate» (Martignone 1999, p. 337). Dopo la partecipazione al volume delle Rime eteree (1567), trascorrono molti anni prima che il poeta, scontento dell’incontrollata circolazione di stampe non approvate, e largamente proliferate a partire dal 1579, scelga di dedicarsi all’organizzazione sistematica del proprio materiale lirico. Fanno dunque parte delle Estravaganti tutte le rime che Tasso esclude dal lavoro avviato nel pieno della propria prigionia a Sant’Anna; si tratta di un frenetico processo di selezione, riscrittura e sistemazione dei propri versi conclusosi con l’allestimento di tre volumi ripartiti tematicamente: le poesie amorose (Rime. Parte prima, 1591), le poesie encomiastiche (Rime. Parte seconda, 1593) e le poesie sacre, mai consegnate ai torchi.

Ogni singolo testo che compone le estravaganti si caratterizza per differenti vicissitudini compositive e di tradizione: a fronte dell’alto numero di poesie del corpus, si rinuncia a ripercorrere qui le tappe in maniera esaustiva, a favore, piuttosto, di una panoramica più generale. La maggior parte delle disperse pubblicate in vita del poeta è attestata dalle stampe veneziane di Rime e Prose, licenziate, senza la sorveglianza del poeta, da Vasalini e Manuzio, tra il 1583 e il 1587, «vale a dire negli ultimi anni della reclusione del poeta, non a caso quelli in cui esplode il fenomeno editoriale Tasso» (Martignone 1999, p. 338). Se la volontà degli editori di cavalcare il successo dell’opera tassiana è evidente, risulta più complesso ricostruire con precisione il modo e i canali attraverso i quali i versi tassiani sono giunti fra le mani dei suddetti editori. Grazie alla mediazione di Angelo Grillo (Caretti 1950, p. 40), un ruolo centrale deve essere stato svolto dal bergamasco Giovan Battista Licino, curatore di un paio di volumi tassiani (Delle Rime et Prose, Parte quarta, Venezia, Vasalini, 1586, e Gioie di Rime e Prose, Ferrara, Vasalini, 1587): frequentatore di Tasso, era riuscito «a entrare in possesso di vari scritti, affidatagli fiduciosamente dal poeta nella vana speranza dell’allestimento di edizioni ben altrimenti corrette e curate» (Martignone 1999, p. 338). Parallelamente, bisogna ammettere anche una circolazione estemporanea delle sue liriche, forse intercettata in qualche modo dagli editori, bramosi di fregiarsi della pubblicazione di materiali inediti: si pensi ai molti versi di corrispondenza o ai vari componimenti acclusi da Tasso all’interno dei fitti scambi epistolari del periodo, dove l’autore richiede spesso suggerimenti e pareri intorno ai propri testi.

Da un punto di vista cronologico, il repertorio delle disperse spazia da componimenti ascrivibili al 1561, debutto lirico del giovane Tasso all’interno della miscellanea funebre Rime in morte di Irene di Spilimbergo (Venezia, Guerra, 1561), fino a liriche della piena maturità. Di quest’ultima stagione sono testimonianza, ad esempio, alcuni suoi versi in lode di papa Sisto V (nn. 1324, 1386-1392, 1394, 1424-1425, 1427, 1429, 1677), editi fra le Rime di diversi in lode del gloriosissimo Papa Sisto Quinto, Mantova, Osanna, 1611 (un commento si legge in Gallucci 2023). Nonostante la pubblicazione a inizio Seicento, il progetto editoriale, promosso da Antonio Costantini, amico di Tasso, affonda le sue radici alla fine degli anni Ottanta. In mancanza di dettagli sulla storia dell’allestimento, è difficile stabilire con esattezza se il nucleo di testi tassiani in questione sia stato redatto, fin dal principio, in funzione della miscellanea encomiastica o se sia da intendere, almeno in parte, come un improprio riuso del suo materiale lirico. Difatti, tra il 16 e il 26 gennaio del 1589, il poeta aveva spedito a Costantini alcuni versi in lode del papa (Lettere nn. 1086-1087), dichiarando la propria volontà di darne pubblicazione: «Risposi a l’amico suo, e non meno a le rime che a le prose, accioché si contentasse di non por mano in altre mie composizioni; perch’io medesimo penso di publicarle tutte, e particolarmente le stanze e le canzone in lode di Sua Santità» (Lettere n. 1086). Alcuni di questi componimenti (nn. 1389-1390, 1392, 1429, 1677), di lì a poco, vedranno in effetti la luce fra le Rime del signor Torquato Tasso ultimamente composte nell’alma città di Roma, Venezia, ad instantia di Iacomo Berichia libraro in Roma, 1589 (cc. 2v-8r e 11r-13v). A sua volta questa stampa deve essere messa in relazione con il ms. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Banco Rari 212, di notevole rilevanza per la produzione lirica tassiana successiva a Sant’Anna. Come ha osservato Castellozzi (2013, p. 80), il manoscritto «si configura in larga parte come il quaderno di elaborazione di testi concepiti dal Tasso in funzione della ricerca del favore presso il papa Sisto V e negli ambienti collegati, nell’intento di trasferirsi da Mantova a Roma»: dei trentacinque componimenti tràditi dal codice, quattro confluiranno poi nella stampa Osanna, undici nella Terza parte, i restanti sono parte delle estravaganti.

Al di là della storia editoriale di ogni singolo testo, il corpus pone molti interrogativi sulle ragioni che hanno spinto l’autore a privilegiare la pubblicazione di certi componimenti rispetto ad altri, sulla modalità di circolazione delle sue poesie e sulle funzioni da assegnare a questo folto repertorio di rime, escluse dalle raccolte più importanti, ma non per questo ripudiate dall’autore.

Date di elaborazione

1561-1595


Bibliografia
  • Caretti 1950 = Lanfranco Caretti, Studi sulle rime del Tasso, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1950
  • De Maldé 1983a = Vania De Maldé, Il postillato Bernardi delle «Rime» tassiane, in «Bergomum», II-IV, 1983, pp. 19-62
  • De Maldé 1983b = Vania De Maldé, Il postillato Manuzio (Amz) delle «Rime». Contributo alla storia dell’editoria e della tradizione tassiana, in Studi di letteratura italiana offerti a Dante Isella, Napoli, Bibliopolis, 1983, pp. 113-143
  • Corsaro 1998 = Antonio Corsaro, Dionigi Atanagi e la silloge per Irene di Spilimbergo. (Intorno alla formazione del giovane Tasso), in «Italica», 75/1, 1998, pp. 41-61
  • Baldassarri 1999b = Guido Baldassarri, Per l’esegesi delle “Rime”, in «Studi tassiani»», 47, 1999, pp. 157-163
  • Martignone 1999 = Vercingetorige Martignone, Preliminari all’edizione critica delle Rime stravaganti di Torquato Tasso, in Torquato Tasso e la cultura estense. Atti del Convegno di Ferrara (10-13 dicembre 1995), a cura di Gianni Venturi, indice dei nomi e bibliografia generale a cura di Angela Ghinato e Roberta Ziosi, Firenze, Olschki, 1999, I, pp. 333-340
  • Baldassarri 2000 = Guido Baldassarri, Per l’esegesi delle “Rime”, in «Studi tassiani»», 48, 2000, pp. 187-220
  • Ranzani 2002 = Claudia Ranzani, I rapporti tra codici F1 e Piat delle Rime di Tasso, in «Studi tassiani», 50, 2002, pp. 569-588
  • Ritrovato 2004 = Salvatore Ritrovato, Breve storia di un’«Amorosa fenice»: dal manoscritto Tassiano BUB 1072 XII alle Rime di Girolamo Casoni, in «Lettere Italiane», 56/2, 2004, pp. 263-280
  • Castellozzi 2008-2010 = Massimo Castellozzi, Il codice A4 delle rime di Torquato Tasso, in «Studi tassiani», 56-58, 2008-2010, pp. 43-97
  • Castellozzi 2013 = Massimo Castellozzi, Aspetti della tradizione delle Rime disperse di Torquato Tasso, in «L'Ellisse», VIII/2, 2013, pp. 65-98
  • Accardi 2017 = Vincenza Accardi, Le smerigliature del bello: rifrazioni di Proteo nei ‘madrigali dei colori’ di Torquato Tasso (Rime 263-270), in L’Italianistica oggi: ricerca e didattica, Atti del XIX Congresso dell’ADI - Associazione degli Italianisti (Roma, 9-12 settembre 2015), Beatrice Alfonzetti, Teresa Cancro, Valeria Di Iasio, Ester Pietrobon, Roma, Adi editore, 2017
  • Gallucci 2023 = Giorgia Gallucci, Tasso e Sisto V: le ragioni di un encomio, in Letteratura e Potere/Poteri. Atti del XXIV Congresso dell’ADI (Associazione degli Italianisti) Catania, 23-25 settembre 2021, a cura di Andrea Manganaro, Giuseppe Traina, Carmelo Tramontana, Roma, Adi editore, 2023
Edizione del testo in preparazione

Scheda di Martina Dal Cengio | Cita questa pagina